La dipendenza da Internet in Cina
Un documentario presentato al Sundance racconta la vita (piuttosto dura) in un centro dove si "curano" i ragazzi che stanno troppo online
di Antonella Vendola – @antonellaven
Giovedì 16 gennaio è iniziato a Park City, nello Utah, il Sundance Film Festival, il più importante e noto festival di cinema indipendente del mondo. Quest’anno, nella categoria World Documentary Competition, ci sono tre film che si occupano di Internet da diverse prospettive: The Internet’s Own Boy, sulla storia dell’attivista Aaron Swartz (programmatore, scrittore e attivista statunitense, co-autore dei feed RSS e co-fondatore di Reddit, che si è suicidato a inizio 2013), Love Child, sul tema della dipendenza dai videogiochi raccontata attraverso un fatto di cronaca in Corea del Sud, e Web Junkie, che racconta i metodi e le terapie di un centro di riabilitazione per ragazzi “dipendenti da Internet” in Cina.
Il trailer di quest’ultimo sta girando molto online, stimolando una discussione sul problema reale dell’uso compulsivo di Internet ma anche sull’efficacia dei metodi “rieducativi” che si è deciso di adottare in Cina, un paese dove Internet è stato spesso demonizzato e censurato e dove il governo adotta costantemente misure piuttosto dure per contrastare la diffusione in rete di informazioni e opinioni critiche.
Web Junkie è stato realizzato da due registi israeliani, Shosh Shlam e Hilla Medalia: è una coproduzione israeliana e statunitense e dura 75 minuti. Il trailer mostra alcuni ragazzi all’interno del “Centro per la cura della dipendenza da Internet” di Daxing, alla periferia di Pechino, fondato del 2004 dal professor Tao Ran, uno dei 400 campi cinesi di riabilitazione per questo tipo di dipendenza conosciuta nella letteratura psichiatrica con il nome inglese di Internet addiction disorder. All’inizio del trailer la telecamera si concentra su un ragazzo che osserva fuori dalle sbarre di una finestra: piange disperatamente e quando qualcuno gli chiede per quale motivo si trovi in quel posto risponde dicendo “ho usato Internet”.
Subito dopo appare una scritta che spiega come la Cina sia stato il primo paese al mondo a classificare questo tipo di dipendenza come un disturbo clinico. Nonostante il film sia stato girato interamente a Daxing, c’è una parte introduttiva che cerca di spiegare il fenomeno di Internet all’interno del contesto culturale cinese: viene considerato “dipendenza” l’uso di Internet per più di sei ore al giorno per motivi che non siano di studio o lavoro, riducendo il campo principalmente all’uso di videogiochi online. A differenza del mondo occidentale, dove milioni di adolescenti usano le loro console per i videogiochi, in Cina la maggior parte dei ragazzi si ritrova dopo la scuola in giganteschi “café”, dei grandi capannoni arredati come Internet point. Uno psichiatra del campo sostiene che molti di questi ragazzi utilizzino dei pannolini per adulti per non allontanarsi dallo schermo durante il gioco, e che questo tipo di dipendenza non sia tanto diversa da quella di un drogato, “ecco perché la chiamiamo eroina elettrica”.
Quello di Daxing è stato uno dei primi centri per programmi riabilitativi nel suo genere: ormai ce ne sono centinaia in tutto il mondo (il primo degli Stati Uniti è stato recentemente aperto in Pennsylvania). Come si vede dal trailer, l’ambiente sembra quello tipico di un campo militare e fin da subito risulta chiaro come i ragazzi – tutti maschi, in tuta mimetica, costretti in celle che somigliano molto a quelle di un carcere – siano stati spinti con la forza dai genitori a entrare nel centro.
Il film si concentra sulla storia di tre di questi ragazzi, dal giorno del loro arrivo nel centro e durante tutto il periodo di cura, della durata di 3 o 4 mesi, e racconta sia i motivi per cui sono finiti nel centro che il loro percorso di riabilitazione, spiegato dal professor Tao Ran, secondo cui “l’Occidente dovrebbe imparare dal suo metodo di ricerca”. Il trattamento comprende l’uso di farmaci, un rigido addestramento fisico di ispirazione militare (l’alimentazione e il sonno sono accuratamente regolati) e talvolta delle sedute che prevedono la presenza dei genitori. Alcune di queste tecniche sono usate in Cina anche per il trattamento di altri disturbi comportamentali, con lo scopo di aiutare i pazienti a “riconnettersi con la realtà”.
La particolarità del campo di Daxing è il fatto che i genitori abbiano la possibilità di stare coi propri figli – anche nel trailer le scene che hanno loro come protagonisti sono probabilmente quelle più dure e desolanti – ed è proprio attraverso l’interazione tra genitori e figli che si ottiene una maggiore comprensione del contesto socioculturale della dipendenza da Internet: c’è un padre che durante una seduta si apre a tal punto da confessare di essere molto spesso violento con suo figlio, una madre che racconta le ore di attesa all’esterno di un Internet café e un’altra madre che tenta di spiegare la solitudine di questi ragazzi e la loro naturale propensione a cercare relazioni online motivandola con la presenza in Cina delle leggi sulla procreazione, per cui molti di questi adolescenti si sentono soli, non avendo fratelli o sorelle.