Stamina, l’inchiesta della Stampa
Cosa c'è nei nuovi articoli della Stampa sul controverso trattamento ideato da Davide Vannoni, e soprattutto su come arrivò agli Spedali Civili di Brescia
Stamina, il controverso “metodo” che – secondo i suoi promotori – è a base di cellule staminali e che sarebbe in grado di curare malattie gravi e invalidanti come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è oggetto di un’inchiesta cominciata domenica sul quotidiano la Stampa. Del trattamento si parla da mesi: la comunità scientifica nazionale e internazionale lo ha molto criticato, negli ultimi mesi ci sono state prima sentenze della magistratura per permettere ad alcuni pazienti di proseguire le trasfusioni, poi la decisione del ministero della Salute di fermare la sperimentazione sulla base degli esiti di una commissione di esperti (giudicata poi non imparziale dal TAR del Lazio), e poi accuse di plagio della documentazione scientifica fornita dai responsabili del trattamento e diversi rinvii a giudizio, tra cui uno chiesto a inizio dicembre per l’ideatore del trattamento Stamina, Davide Vannoni.
In un primo articolo pubblicato sulla Stampa, il giornalista Paolo Colonnello ha ricostruito una delle fasi meno chiare dell’adozione del trattamento Stamina da parte dell’Ospedale di Brescia: cioè come abbia fatto il «misterioso preparato» del professor Davide Vannoni a passare dalle cliniche estetiche di San Marino e dai laboratori nei sottoscala di un call center, agli Spedali Civili di Brescia, che sono considerati un centro di eccellenza in Italia. Per capirlo, scrive Colonnello, si deve guardare la lista dei primi 12 pazienti trattati con Stamina a Brescia, tra cui ci sono anche due nomi piuttosto importanti: Luca Merlino, il direttore vicario della Sanità lombarda, e il cognato della direttrice Sanitaria dell’Ospedale, Ermanna Derelli.
Quanto la presenza di questi due malati abbia pesato nella decisione dell’Ospedale di Brescia di aprire i battenti a una terapia che non aveva alcun presupposto scientifico certificato e da alcuni mesi nel mirino della Procura torinese, lo spiega il dottor Marino Andolina, il principale socio di Vannoni, vicepresidente di Stamina e parimenti indagato per associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute: «A Brescia – racconta in un’intervista a Presadiretta che andrà in onda questa sera – c’era un interesse di importanti personaggi di vedere curati se stessi e i propri congiunti».
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Colonnello scrive anche che tra medici e infermieri degli Spedali Civili di Brescia c’è un certo imbarazzo a raccontare i dettagli del trattamento Stamina, anche perché le indagini in corso potrebbero confermare che diversi pazienti sono stati curati nella struttura senza però essere segnati sui registri dell’ospedale. Inoltre potrebbe esserci essere stato un traffico di pazienti ammessi in strutture pubbliche e curati in cambio di decine di migliaia di euro, come ha raccontato il padre di una paziente in un’intervista pubblicata oggi sulla Stampa. Il giornalista Niccolò Zancan aggiunge ulteriori dettagli sullo sviluppo di Stamina in un altro articolo, basato per lo più su alcuni documenti del filone di indagini della procura di Torino: i documenti sono relativi alla testimonianza di una ex collaboratrice di Vannoni al call center in centro a Torino, e raccontano, tra le altre cose, del viaggio che Vannoni fece in Ucraina per incontrare i due staminologi Vyacheslav Klimenko e Olena Shchegelska e dei controversi rapporti che da lì Vannoni sviluppò con la Regione Piemonte.
«Ho deciso di andarmene perché mi chiedeva di modificare i dati di ricerca a favore dei suoi interessi personali. Perché sosteneva che solo gli imbecilli pagano le tasse. Perché diceva che le malattie degenerative, fortunatamente, erano in aumento. Così lui avrebbe guadagnato di più, tanto erano senza speranza». E’ il verbale di Rebecca P., la sua principale collaboratrice di allora. Nell’informativa dei carabinieri del Nas datata 29 giugno 2009, spiega come ha conosciuto il fondatore del metodo Stamina: «Sono laureata in Scienze della Comunicazione, insegno all’Università degli Studi del Piemonte Orientale. Conosco il professor Vannoni dal 1999 per incarichi professionali. Sono entrata in Cognition nel 2007 nella veste di consulente. Ho svolto il ruolo di responsabile di ricerche di mercato… Ho deciso di tagliare i contatti in occasione di una telefonata che ho avuto modo di ascoltare. La biologa Olena parlava in tono concitato con Vannoni, sostenendo che un paziente stava male a causa di una puntura di staminali. Diceva che quel paziente era da inviare in ospedale…».
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foto: Mauro Scrobogna / LaPresse