L’uccisione di Mark Duggan fu legittima
Lo ha stabilito una giuria di Londra: la sua morte nel 2011 fu la causa dei "riots", i disordini più violenti nella storia recente del Regno Unito
Nel tardo pomeriggio di mercoledì 8 gennaio una giuria popolare di Londra ha stabilito che l’uccisione di Mark Duggan da parte di alcuni agenti di polizia nel 2011 fu legittima. L’episodio molto controverso aveva dato inizio alle proteste e agli scontri, numerosi e spesso molto violenti, in alcuni sobborghi di Londra e di altre città del Regno Unito durante l’estate del 2011. La decisione della giuria segna la chiusura dell’inchiesta sul caso di omicidio, ma è stata duramente criticata dai familiari di Duggan e dai loro sostenitori, che hanno organizzato manifestazioni all’esterno del tribunale e di una stazione di polizia.
L’inchiesta era stata avviata nel settembre del 2013 e, come prevede la legge, aveva portato alla formazione di una giuria popolare perché il caso riguardava la morte di una persona in seguito all’intervento di alcuni agenti di polizia in servizio. Nel sistema giuridico britannico, le inchieste servono per rispondere a una serie di domande fondamentali: l’identità della vittima, il luogo in cui è morta, il momento in cui è morta e quali condizioni hanno portato alla sua morte (formalmente, quindi, l’inchiesta non si deve occupare del “come”).
Mark Duggan, un ragazzo di 29 anni, era stato fermato da alcuni agenti armati della polizia (nel Regno Unito ci sono agenti in servizio senza armi) mentre viaggiava su un’auto nella zona di Tottenham, in seguito ad alcune informazioni che lo avevano indicato come appartenente a una gang criminale e in possesso di un’arma. Pochi istanti dopo gli agenti fecero fuoco, colpendolo due volte e uccidendolo sul colpo.
Sulla base delle ricostruzioni e delle indagini condotte in seguito all’episodio, emerse che Duggan aveva recuperato in precedenza un’arma e che se n’era disfatto pochi istanti prima del confronto con la polizia. La pistola fu trovata in seguito dagli agenti a circa cinque metri di distanza da dove Duggan era stato ucciso. L’arma era avvolta in un calzino e non aveva né impronte né tracce del DNA del ragazzo.
Basandosi sulle prove e le ricostruzioni, alla giuria composta da sette donne e tre uomini è stato richiesto di rispondere a cinque domande.
1. La polizia fece tutto ciò che realisticamente era in suo potere per raccogliere informazioni e reagire in seguito al recupero da parte di Duggan di un’arma da fuoco?
La giuria ha risposto no all’unanimità.
2. L’auto fu fermata in un luogo e in modo tale da minimizzare, nei limiti del possibile, il ricorso all’eliminazione fisica?
La giuria ha risposto sì all’unanimità.
3. Duggan aveva con sé l’arma in auto pochi istanti prima di essere fermato?
La giuria ha risposto sì all’unanimità.
4. Come ha fatto la pistola a finire sull’erba dove è stata poi trovata?
Nove membri su dieci della giuria hanno risposto che era stata lanciata verso quel punto.
5. Quando Duggan è stato ucciso, aveva l’arma in mano?
Otto su dieci hanno risposto no.
La giuria ha quindi concluso che gli agenti di polizia rispettarono ciò che prevede la legge e che quindi l’omicidio fu “legittimo”, anche se la stessa a maggioranza ha ammesso che al momento di essere colpito il ragazzo non aveva in mano un’arma. Una conclusione che contraddiceva la versione di uno degli agenti intervenuti sul posto, che aveva detto di essere sicuro di avere visto un’arma nella mano destra di Duggan e di avere pensato che si stesse preparando a usarla.
Poco dopo la lettura del verdetto, la giuria è stata scortata rapidamente fuori dall’aula del tribunale. Alcuni parenti e sostenitori della famiglia Duggan hanno insultato i giurati e urlato frasi come “la vita di un nero non vale niente”, “dove state scappando?”. I parenti di Duggan hanno definito “immorale” la decisione della giuria e hanno ricordato che il ragazzo fu “giustiziato”. I familiari potrebbero fare ricorso contro il verdetto emerso dall’inchiesta.
Il vicecommissario della polizia, Mark Rowley, ha provato a leggere un comunicato all’esterno del tribunale dopo il pronunciamento della giuria, ma decine di sostenitori di Duggan hanno protestato rumorosamente contro di lui urlando “assassini” e insulti. Alcuni si sono avvicinati a Rowley e sono dovuti intervenire gli agenti per allontanarli e mantenere una distanza di sicurezza. Rowley ha detto di essere disposto a incontrare i parenti di Duggan per un ulteriore confronto. La polizia ha intensificato i controlli a Londra nelle ore seguenti al verdetto per evitare scontri, che non ci sono stati nonostante le forti tensioni.
Per evitare che si ripetano casi come quello di Duggan, la polizia ha confermato che a partire dal prossimo aprile tutti gli agenti armati saranno dotati di una microtelecamera, che riprenderà in soggettiva le loro attività. In questo modo le autorità confidano di rendere più semplici e rapide eventuali inchieste, di responsabilizzare i poliziotti armati e di fare aumentare la fiducia nei loro confronti da parte della popolazione.