Una piccola lite tra India e Stati Uniti
C'entrano l'arresto di una diplomatica indiana a New York e le ritorsioni che sono seguite (e anche le prossime elezioni, in qualche modo)
Aggiornamento 9 gennaio – La diplomatica indiana Devyani Khobragade è stata accusata formalmente dagli Stati Uniti di avere fornito documenti falsi riguardo il visto della sua governante indiana, Sangeeta Richard. Tuttavia, Khobragade non verrà processata: si trova ancora in territorio statunitense, ma le autorità americane le hanno chiesto di lasciare il paese, sfruttando l’immunità diplomatica.
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Da giorni la stampa statunitense e quella indiana raccontano le conseguenze di un fatto avvenuto il 12 dicembre e che ha creato un piccolo caso diplomatico. Lo scorso 12 dicembre gli agenti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti hanno arrestato una diplomatica indiana a New York, Devyani Khobragade. La donna, rimessa in libertà dopo il pagamento di una cauzione di 250 mila dollari, era accusata di aver fornito documenti falsi riguardo il visto della sua governante indiana, Sangeeta Richards, e di pagarla meno del salario minimo previsto dalla legge. Secondo la legge statunitense rischia il processo e fino a un massimo di 15 anni di carcere.
Khobragade si è detta innocente e ha denunciato le modalità della sua detenzione, definita «umiliante» e «barbara»: arrestata fuori dalla scuola dove aveva appena accompagnato le figlie, ha detto che una volta portata nella stazione di polizia è stata spogliata, perquisita in varie parti del corpo e messa in una cella con tossicodipendenti e criminali comuni. Khobragade ha detto inoltre che in prigione gli agenti non hanno voluto ascoltare le sue spiegazioni né accolto la richiesta di immunità da cui, in base al suo ruolo, sarebbe stata protetta. Il procuratore di Manhattan ha detto che non è stata effettuata alcuna perquisizione fisica su Khobragade e ha spiegato che alla donna erano state riservate «cortesie ben superiori a quelle accordate agli altri imputati, la maggior parte dei quali sono cittadini americani».
Il governo indiano ha chiesto che le accuse contro la donna siano cancellate e ha preteso immediate scuse da parte degli Stati Uniti, ottenendo solo una dichiarazione di rammarico da parte del segretario di stato John Kerry per l’incidente, che però non è stata giudicata sufficiente. Il governo ha dunque reagito adottando una serie di misure contro i diplomatici americani in India, privando dell’immunità diplomatica le famiglie dei funzionari consolari, aprendo un’inchiesta sul personale indiano da loro impiegato ed eliminando le barriere contro i possibili attacchi terroristici poste al di fuori dell’ambasciata americana di New Delhi.
Al di là del trattamento ricevuto dalla donna, le questioni centrali di tutta la vicenda sono il ruolo e il tipo di immunità di cui Khobragade poteva beneficiare al momento dell’arresto. L’India, a differenza degli Stati Uniti, sostiene che dallo scorso 26 agosto e fino al 31 dicembre la donna, prima vice console generale, era stata accreditata presso l’ambasciata ONU in previsione della visita del premier indiano. Pertanto Khobragade poteva godere dell’immunità dei diplomatici d’ambasciata, che è più ampia rispetto all’immunità consolare: fornisce protezione non solo in caso di reati commessi nell’esercizio delle funzioni ma nelle attività private. Diversi commentatori politici indiani sostengono comunque che l’atteggiamento molto duro del governo indiano sia funzionale alle prossime elezioni, che si svolgeranno nel paese nel maggio del 2014 e, in particolare, al Partito del Congresso, spesso accusato dai suoi oppositori di essere eccessivamente filoamericano.