Lo scandalo elettorale in Cina
Più di cinquecento politici locali si sono dimessi in seguito a un caso di voto di scambio, per entrare a far parte di una assemblea elettiva (che conta molto poco)
Più di cinquecento funzionari eletti della provincia dello Hunan, nel sud della Cina, sono stati costretti a dimettersi in uno dei più gravi scandali di corruzione degli ultimi tempi nel paese. La cosa più strana è che, in un paese dove le libertà politiche sono molto ridotte, lo scandalo ha riguardato una frode elettorale.
L’agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha scritto sabato 28 dicembre che 56 membri dell’assemblea provinciale dello Hunan (che si chiama ufficialmente “Congresso del popolo dello Hunan” e conta in tutto 76 delegati) hanno corrotto 68 funzionari e 516 membri dell’assemblea municipale della città di Hengyang, la seconda più grande della provincia con circa 900 mila abitanti, per farsi eleggere nell’assemblea provinciale.
Gli eletti nei “congressi” municipali (che a volte sono eletti direttamente dal popolo) infatti, hanno il potere di eleggere a loro volta le assemblee provinciali. Le assemblee municipali, come quelle provinciali, sono organi che però non hanno un vero e proprio potere e in genere si limitano ad approvare le decisioni prese a livello centrale.
In tutto circa 110 milioni di yuan (più o meno 15 milioni di euro) sono stati utilizzati per corrompere i 500 eletti nell’assemblea municipale. Il governo della provincia dell’Hunan ha emesso un comunicato dai toni propagandistici in cui si legge che «questo scandalo è una sfida al sistema dei congressi del popolo, alla nostra democrazia socialista, alle nostre leggi e alla disciplina di partito», e che «soltanto reagendo con durezza e disciplina il partito potrà conquistare il cuore della gente e mantenere la fiducia del popolo nei fondamentali del sistema politico».
Nel comunicato viene fatto anche il nome di quello che viene indicato come il diretto responsabile dello scandalo. Si tratta di Tong Mingqian, uno dei leader del partito comunista della provincia. Tong era già stato cacciato dalla sua posizione il 21 dicembre.
Lo scandalo dello Hunan, per quanto abbia coinvolto un numero di politici molto superiore alla norma (anche se di profilo abbastanza basso), non è isolato. Da diversi mesi il presidente della repubblica, Xi Jinping, eletto nel marzo del 2013, ha lanciato una campagna anti-corruzione, promettendo di colpire “sia le tigri che le mosche”, cioè sia gli alti che i bassi quadri del partito e del governo. Questa campagna ha colpito tra gli altri personaggi come Zhou Yongkang, considerato uno dei politici più importanti del paese.
Lo sforzo contro la corruzione, uno dei problemi più diffusi in Cina, fa parte di un piano molto più ampio di riforme iniziate dal presidente Xi, molte delle quali annunciate all’ultima importante assemblea del partito nel novembre 2013. Una delle misure più notevoli decise dal governo è il cambiamento della cosiddetta “politica del figlio unico“, entrato in vigore proprio negli ultimi giorni del dicembre 2013. Il governo ha anche deciso di iniziare la riforma e poi la chiusura del sistema dei campi di lavoro, dove i cittadini cinesi possono essere imprigionati fino a quattro anni senza alcun processo.