Cosa c’è nel decreto “milleproroghe”?
Un po' di tutto, naturalmente: dalla sospensione della "web tax" al blocco degli sfratti, dagli "affitti d'oro" ai resti del decreto salva-Roma, passando per la nuova "tassa di sbarco sulle isole minori"
Venerdì 27 dicembre il consiglio dei ministri ha approva il cosiddetto “decreto milleproroghe”, un decreto legge che viene approvato alla fine dell’anno e in cui vengono, appunto, “prorogate” una serie di norme in scadenza. Come nelle altre occasioni, nel decreto finisce un po’ di tutto, compresi aumenti di tasse e altre norme che non sono vere e proprie proroghe, ma che è urgente approvare prima della fine di dicembre. È una “tradizione” legislativa che esiste solo in Italia e che è cominciata nel 1993, quando comparve per la prima volta sui giornali il soprannome “milleproroghe”.
Il decreto “milleproroghe” approvato ieri ha avuto una storia travagliata. Il presidente del Consiglio Letta lo ha presentato nel corso di una conferenza stampa terminata alle 12.20. Come spesso accade in questi casi, non c’era un testo completo da poter esaminare: i tecnici del governo, infatti, erano ancora al lavoro sulla bozza definitiva. Il comunicato stampa ufficiale è stato pubblicato sul sito del governo 9 ore dopo la fine della conferenza stampa e conteneva diverse piccole novità rispetto a quanto annunciato da Letta in conferenza stampa (in particolare nuove tasse).
Sull’abitudine del parlamento ad infilare qualsiasi cosa nei decreti legge – di cui il “milleproroghe” è l’esempio più sommo – il presidente Napolitano ha inviato ieri un duro messaggio ad entrambe le camere del Parlamento.
“Affitti d’oro”
Una delle questioni di cui si è parlato molto in questi giorni è quella dei cosiddetti “affitti d’oro”, cioè i contratti di locazioni a cifre giudicate fuori mercato per gli immobili della pubblica amministrazione o delle istituzioni (che avevamo spiegato qui). Con il nuovo decreto le amministrazioni pubbliche avranno sei mesi di tempo per decidere se rescindere i contratti di affitto. A quel punto dovranno fornire ai proprietari sei mesi di preavviso. La norma è mirata in particolare ad alcuni palazzi affittati dalla Camera dei Deputati con contratti della durata di 9 anni, da cui non c’era la possibilità di recedere.
Web tax
La cosiddetta “web tax” è un provvedimento approvato il 20 dicembre all’interno della legge di stabilità, con cui si obbliga chi vende o acquista spazi pubblicitari in Italia ad avere una partita IVA registrata nel nostro paese. Nelle scorse settimane la tassa era stata duramente criticata, anche da Matteo Renzi, perché in conflitto con le norme europee. Già il giorno successivo all’approvazione Letta aveva annunciato che l’entrata in vigore della legge – prevista per il primo gennaio 2014 – sarebbe stata posticipata, la stessa cosa che aveva chiesto un ordine del giorno approvato dalla Camera (ne avevamo parlato qui). Nel decreto “milleproroghe”, come previsto, l’entrata in vigore della web tax è stata posticipata di sei mesi, un indizio che probabilmente non se ne farà nulla.
“Salva-Roma”
Nel decreto ci sono anche una serie di decisioni che riguardano il bilancio della città di Roma. In sostanza, l’amministrazione locale potrà “liberare” circa 400 milioni di euro. In parte questo denaro sarà ottenuto affidando alla gestione del commissario straordinario per il debito di Roma 115 milioni di euro di vecchi debiti. Circa altri 300 milioni saranno ottenuti liberando dei crediti.
Queste norme originariamente si trovavano all’interno del cosiddetto decreto “salva-Roma”, un altro provvedimento dalla storia complicata che è stato ritirato dal governo la vigilia di Natale a causa delle critiche del presidente Giorgio Napolitano. In sostanza, durante il passaggio in parlamento del decreto, erano stati aggiunti numerosi emendamenti che c’entravano poco con il salvataggio di Roma e che non sembravano avere il carattere di “urgenza” che dovrebbe avere un decreto legge secondo la Costituzione (all’articolo 77).
Blocco degli sfratti
Il blocco degli sfratti è stato prorogato di sei mesi, ma con alcune limitazioni, elencate nel comunicato stampa del governo:
Non potranno essere sfrattati soltanto quei nuclei familiari con un reddito inferiore ai 21 mila euro annui, che vivono in capoluoghi di provincia, nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa, che siano o abbiano nel proprio nucleo familiare figli fiscalmente a carico, persone ultra-sessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66%, purché non siano in possesso di un’altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza.
Nuove tasse
Nel decreto ci sono anche nuove tasse, tra cui alcune piuttosto curiose. È stata introdotta ad esempio una “tassa di sbarco” di 2,5 euro per chi si reca nelle “isole minori”. Inoltre il governo ha stabilito che dall’entrata in vigore del decreto potrà aumentare dello 0,7 per cento le accise sui tabacchi e sugli altri prodotti “succedanei”, tra cui sembra siano comprese anche le sigarette elettroniche.
Altre norme
Nel decreto ci sono moltissime altre norme, su cui però al momento non ci sono ancora parecchi dettagli (bisognerà aspettare la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale). Vengono ridotte le sanzioni per quei comuni che non hanno rispettato i limiti di bilancio posti dal patto di stabilità. Viene prorogata la gestione commissariale per la Costa Concordia e persino quella per il terremoto in Irpinia del 1980. Sono previste proroghe nel pagamento delle imposte per i comuni colpiti dalle alluvioni in Sardegna, proroghe per l’adeguamento degli impianti che producono mozzarelle di bufala e un’infinità di altre misure.
Fondi europei
Durante la conferenza stampa, il primo ministro Letta e il ministro per la Coesione territoriale Carlo Triglia hanno annunciato una serie di misure urgenti per spendere in vari settori circa 6,2 miliardi di fondi europei. Questi fondi fanno parte del bilancio dell’Unione Europea per il 2007-2013 e, se non fossero stati assegnati a programmi di spesa entro il 31 dicembre 2013, sarebbero stati destinati ad altri paesi dell’Unione. Circa 1,2 miliardi erano già previsti nella legge di stabilità. Con le decisioni di venerdì, il governo si impegna a spendere altri 5 miliardi per il sostegno alle imprese – saranno utilizzati come garanzia per permettere alle imprese di chiedere prestiti e come finanziamenti alle nuove imprese – e all’occupazione, sotto forma di incentivi all’assunzione di giovani, donne e lavoratori oltre i 50 anni.