Nuovi scontri a Istanbul
Tra polizia e manifestanti che protestano contro il primo ministro conservatore Erdoğan, che sostiene ci sia un "complotto oscuro" contro la Turchia
Nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 dicembre ci sono stati violenti scontri tra manifestanti e polizia in piazza Kadikoy, a Istanbul. Gli agenti hanno sparato gas lacrimogeni e usato dei cannoni ad acqua per disperdere migliaia di manifestanti che si erano radunati per protestare contro il governo e la corruzione del paese. Durante le proteste, i manifestanti hanno urlato slogan contro il primo ministro conservatore Recep Tayyip Erdoğan, sventolato striscioni e bandiere, ma anche costruito e incendiato numerose barricate lungo le strade della città. Non ci sono comunque notizie di feriti gravi.
Le proteste degli ultimi giorni – dopo le grandi manifestazioni che si sono svolte nel paese da giugno di quest’anno – sono state causate in particolare da una serie di arresti avvenuti la scorsa settimana e legati a uno scandalo di corruzione. Tra le 24 persone incriminate ci sono anche i figli del ministro dell’Economia e di quello dell’Interno dell’attuale governo; un terzo uomo coinvolto nell’inchiesta è il direttore generale di Halkbank, una grande banca controllata dallo stato, e tutte le persone arrestate sono legate in qualche modo al partito del primo ministro Recep Tayyip Erdoğan, l’AKP, accusato dai manifestanti di voler insabbiare l’indagine.
Erdoğan ha definito l’operazione di polizia un “complotto oscuro” organizzato all’estero per far cadere il suo governo. In pochi giorni, circa 30 funzionari di polizia sono stati licenziati o rimossi dal loro incarico: tra questi c’è anche Huseyin Capkin, il capo della polizia di Istanbul, uno dei più importanti comandanti della polizia ad aver appoggiato e condotto le indagini. Dopo le proteste di ieri, il primo ministro ha parlato davanti a una folla di sostenitori nella città di Giresun, sulle rive del Mar Nero, ribadendo la teoria del complotto, denunciando le persone «che stanno seminando trappole per minare il governo» e promettendo di «spezzare le mani a chiunque tenti di toccare l’indipendenza della Turchia».
Diversi commentatori turchi hanno riferito che gli arresti della scorsa settimana riflettono uno scontro interno alla politica turca e alle due correnti dell’AKP al governo: quella che fa capo a Erdoğan e quella vicina a Fethullah Gülen, un religioso musulmano che vive negli Stati Uniti e che ha fondato un movimento, Hizmet (“servizio”), di cui si dice facciano parte numerosi esponenti della magistratura, delle forze dell’ordine turche e diversi membri dell’AKP.