La web tax sarà sospesa?
Lo ha detto Letta, più o meno, e lo chiede un ordine del giorno approvato dalla Camera
Venerdì 20 dicembre la Camera ha approvato la legge di stabilità, che al suo interno conteneva anche la cosiddetta “web tax”, un discusso provvedimento che prevede l’obbligo per chi compra e vende spazi pubblicitari in Italia di registrare una partita IVA italiana (qui ne abbiamo riassunto la storia e il funzionamento). Moltissimi commentatori avevano criticato la nuova imposta, tra cui il segretario del PD Matteo Renzi. Proprio questa settimana la Commissione Europea ha fatto sapere al governo che la norma è contraria ai trattati europei.
Secondo molti commentatori, però, il governo ha già deciso di sospendere la legge e forse eliminarla completamente, e ha di fatto cominciato ad agire di conseguenza. Poco dopo l’approvazione della legge di stabilità, la Camera ha approvato un ordine del giorno – un documento con cui il Parlamento può indicare il da farsi al governo – firmato dai deputati del PD Giampaolo Galli, Marco Causi, Paolo Coppola e Lorenza Bonaccorsi.
Nel documento si chiede al governo di “notificare alla Commissione Europea” la cosiddetta “web tax” e ad intraprendere “ogni iniziativa urgente utile a evitare che procuri un danno anche solo indiretto allo sviluppo dell’economia digitale italiana, eventualmente anche sospendendo gli effetti della norma introdotta”. Secondo molti giornali, tra cui la Stampa, il governo accoglierà l’ODG nei prossimi giorni, sospendendo l’applicazione della web tax con un decreto.
Nelle stesse ore, Enrico Letta sembra che abbia dato un’ulteriore conferma della volontà del governo di sospendere l’imposta. Durante la conferenza stampa alla fine del Consiglio Europeo a Bruxelles, Letta ha dichiarato che la web tax «ha bisogno di un coordinamento con le norme europee essenziali». Se la legge sarà effettivamente sospesa, in attesa del giudizio dell’Europa, sarà con ogni probabilità cancellata ancora prima di entrare in vigore. Massimo Mantellini ha scritto sul suo blog che con questi ultimi sviluppi sembrano aver “quasi vinto tutti”: i proponenti, tra cui il deputato PD Francesco Boccia, perché la tassa non è formalmente annullata; ma anche i contrari, perché difficilmente, a questo punto, entrerà mai in vigore.
Della web tax si parla ormai da diversi mesi. Ai primi di ottobre l’imposta era stata battezzata “Google tax”, perché era vista come un modo di costringere le grandi multinazionali di Internet a pagare almeno una parte delle loro tasse in Italia. Attualmente, società come Google e Amazon registrano i propri utili in società che hanno sede in Irlanda e Lussemburgo, dove i sistemi di tassazione sono molto più vantaggiosi.
La prima versione della web tax era stata scritta dal deputato PD e presidente della commissione bilancio della Camera, Francesco Boccia, che ne è stato per settimane tra i più convinti sostenitori. Alcuni mesi dopo è stata inserita nella legge di stabilità sotto forma di emendamento dal deputato PD Edoardo Fanucci. In questi mesi la web tax è stata duramente criticata per non essere in linea con la legislazione dell’Unione Europea e perché, secondo i critici, cercare di tassare le grandi società del web da soli, senza una strategia europea globale, avrebbe portato a una fuga di investimenti dall’Italia e a uno scaricamento dei costi dell’imposta sui consumatori.
Dopo le numerose critiche ricevute, tra cui anche quelle del nuovo segretario Renzi, mercoledì 18 novembre la web tax è stata modificata. Uno degli aspetti più controversi, che riguardava i siti di e-commerce, è stato rimosso, ma l’obbligo di partita IVA italiana per chi vende e compra pubblicità in Italia era stato mantenuto.