Come gioca l’Atletico Madrid
La risposta alla domanda che si fanno da stamattina tutti i tifosi del Milan (e la risposta per loro non è buona)
Qualche tempo fa Valentino Tola ha raccontato in un lungo articolo, pubblicato sulla rivista online l’Ultimo Uomo, la storia recente dell’Atletico Madrid: squadra rivale meno ricca e vincente del Real Madrid eppure dal discreto numero di trofei – ha vinto 9 campionati spagnoli e due Europa League, fra le altre cose. Dopo anni di scarsi risultati (nel 2000 retrocesse persino nella seconda serie spagnola) da un paio d’anni l’Atletico Madrid è considerato una delle più forti e divertenti squadre spagnole: grazie ad alcuni ottimi giocatori (su tutti Radamel Falcao, ceduto l’estate scorsa, e Diego Costa) e un bravo allenatore, l’ex calciatore dell’Inter Diego Simeone. L’Atletico Madrid giocherà contro il Milan negli ottavi di finale di Champions League, fra il 19 febbraio e l’11 marzo.
E ora? Ora che liquida avversari su avversari, che ne sarà del mito della sfiga che tanto pazientemente l’Atlético Madrid ha cercato di costruire nella sua storia? Cosa faremo con quel soprannome, “El pupas”, (Lo sfigato) che lo accompagna dai tempi della finale di Coppa Campioni 1974 (pareggio subìto a trenta secondi dalla fine, si va al replay e non c’è più storia: 4-0 per quel grande Bayern Monaco), e che quasi sembra gonfiare il petto dei tifosi colchoneros più dei pur numerosi trofei vinti? E per andare allo stadio Vicente Calderón si percorrerà sempre il Paseo de los melancólicos, o il Comune ne cambierà il nome in Paseo de la mentalidad ganadora? E il papà di quel famoso spot per una campagna abbonamenti di qualche anno fa che, fermo al semaforo, (non) risponde con un attonito silenzio al figlio che chiede «¿Por qué somos del Atleti?», verrà per caso sostituito da uno yuppie ghignante che passando col rosso ribatte: «Perché siamo vincenti, perché siamo cool»?
Il rischio è più apparente che reale, perché questo Atlético che non perde mai (o quasi, solo una sconfitta contro l’Espanyol, non a caso individuato dai critici come la copia in piccolo dello stesso Atlético) non avrà comunque mai il richiamo mediatico del Barça del tiqui-taca, né le possibilità finanziarie illimitate di altre grandi europee. L’Atlético Madrid reso indistruttibile dal “Cholo” Simeone non è spettacolare, non propone nessuna ricetta rivoluzionaria e non cerca di accattivarsi facili simpatie strizzando l’occhio a mode imperanti.
Il “Cholismo”, uno stato d’animo più che una filosofia di gioco, è consapevolezza dei propri limiti e fatica. In questo momento l’Atlético Madrid è la miglior squadra spagnola solo perché sa di non esserlo, e se cominciasse a crederlo in un nanosecondo da Atlético Madrid tornerebbe a essere il Patético Madrid dei primi anni 2000. Anche ora, anzi ora più che mai, è la squadra del papà fermo al semaforo.