L’accordo per portare acqua al mar Morto
È stato firmato da Israele, Giordania e Autorità Palestinese: fornirà più acqua potabile alla regione, ma ci sono dubbi sulla sua sostenibilità ambientale
Lunedì 9 dicembre la Giordania, l’Autorità Palestinese e Israele hanno firmato nella sede della Banca Mondiale a Washington, negli Stati Uniti, un accordo per la costruzione di un canale che trasporterà acqua salata dal mar Rosso al mar Morto. L’accordo era in discussione ormai da diversi anni (in pratica dal 1994, quando fu firmato l’accordo di pace tra Israele e Giordania), ma le tensioni politiche tra le autorità dei tre paesi e la difficoltà a reperire i finanziamenti necessari alla realizzazione del progetto avevano bloccato più volte le trattative. I principali obiettivi del progetto, secondo i firmatari, sono due: evitare che il mar Morto si prosciughi definitivamente e fornire più acqua potabile alla popolazione della regione.
Tutti e tre i paesi firmatari si trovano sulle coste del mar Morto. La sua superficie si trova a 423 metri sotto il livello del mare, nella depressione più profonda della Terra. Con i suoi 377 metri di profondità, il mar Morto è il lago di acqua salata più profondo del pianeta e il suo nome deriva proprio dalla sua alta salinità – è circa otto volte più salato dell’oceano – che complica enormemente la nascita di qualsiasi forma di vita, tranne i batteri. Ha come immissari il fiume Giordano, il fiume Arnon e altri corsi d’acqua di importanza minore. Dal 1962 il livello del Mar Morto è sceso di 27 metri, principalmente perché buona parte dell’acqua del fiume Giordano viene deviata da Israele, Giordania o Siria per irrigare i campi. Secondo alcuni scienziati, se il livello dell’acqua continuerà a scendere nei prossimi anni al ritmo attuale nel 2050 il lago sarà prosciugato completamente.
Il canale costerà circa 240 milioni di dollari: la sua costruzione verrà finanziata da paesi ed enti donatori, con il contributo garantito dalla Banca Mondiale sotto forma di prestito. Attraverserà la Giordania, perché qui – come hanno riportato alcuni funzionari israeliani – è più facile costruire velocemente senza incontrare l’opposizione di gruppi ambientalisti. Il progetto prevede che ogni anno vengano prelevati circa 200 milioni di metri cubi di acqua salata dal mar Rosso, che vengono poi trasportati verso nord grazie a un canale lungo circa 180 chilometri. Del totale, 80 milioni di metri cubi di acqua salata verranno desalinizzati in un impianto speciale nella città costiera giordana di Aqaba: completato il processo, 50 milioni di metri cubi andranno a finire nel sud di Israele e 30 milioni di metri cubi in Giordania. Il restante, insieme ai residui derivanti dal processo di desalinizzazione, sarà trasportato verso il mar Morto. L’accordo prevede anche che Israele aumenti la quantità di acqua proveniente dal lago Tiberiade trasferita alla Giordania, e che venda all’Autorità Palestinese circa 30 milioni di metri cubi di acqua all’anno (il prezzo dell’acqua non è ancora stato stabilito).
Dan Catarivas, direttore della divisione del commercio con l’estero dell’associazione degli industriali di Israele, ha spiegato che per ora si tratta di una specie di progetto pilota: «In un anno verranno fatte le gare d’appalto per costruire il canale per trasportare l’acqua e l’impianto di desalinizzazione. Poi, nel giro di tre o quattro anni, si vedrà l’impatto ambientale del progetto, si analizzeranno i risultati e si deciderà se costruire un canale permanente». Parlando alla Radio dell’esercito d’Israele, Silvan Shalom, il ministro israeliano responsabile per i progetti idrici e per la cooperazione regionale, ha definito l’accordo “storico”. Secondo molti critici, tuttavia, si tratta di una soluzione molto meno ambiziosa rispetto ad altre presentate in precedenza, che includevano anche la produzione di energia idroelettrica sfruttando la differenza di altitudine tra il Mar Rosso e il mar Morto.
Diversi scienziati hanno messo in dubbio la sostenibilità ambientale del progetto, spiegando che la vera ragione dell’intero piano sarebbe legata semplicemente a motivazioni politiche. Uno di questi è Marcelo Sternberg, professore del dipartimento di biologia molecolare e ecologia delle piante dell’Università di Tel Aviv, che ha detto: «Gli studi preliminari dimostrano che mischiando l’acqua del mar Rosso e quella del mar Morto si produrranno depositi di gesso. La qualità e la composizione chimica dell’acqua dei due mari è diversa».
Il professore Ran Nof, del dipartimento di Geofisica dell’Università di Tel Aviv, ha aggiunto che circa 100 milioni di metri cubi all’anno di acqua sarebbero comunque un apporto minimo, e non avrebbero un grande impatto sulla situazione del mar Morto. Secondo Kevin Connolly, inviato per BBC a Gerusalemme, l’accordo sull’acqua potrebbe sbloccare una situazione difficile per il proseguimento dei negoziati di pace tra Israele e Palestina, che sono apparentemente in un punto morto.
Foto: doline create dal prosciugamento del mare, nell’area di Kibbutz Ein Gedi, 9 novembre 2011 (MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)