Olli Rehn, quello che ci sgrida
Cosa sappiamo dell'uomo che negli ultimi anni è diventato il simbolo dell'austerità e dei "moniti di Bruxelles": potrebbe esserlo ancora per poco, per cominciare
C’è un uomo che più degli altri, nel corso dei mesi, è diventato il simbolo dei complicati rapporti dell’Italia – e degli italiani – con le istituzioni europee, finendo per essere identificato con i “moniti”, con le decisioni impopolari, le politiche di austerità e le strigliate sulla necessità di tagliare. Il suo nome è Olli Rehn e di lui normalmente non diciamo nient’altro, a parte il fatto che è quello che a un certo punto ci sgrida. L’ultima volta è successo martedì 3 dicembre, quando ha detto di essere “scettico” sul risanamento dell’Italia portando il presidente del Consiglio Letta a rispondergli bruscamente.
È finlandese. Ha 51 anni. Viene quasi sempre fotografato con un grafico alle spalle. Ha affrontato la peggiore crisi economica degli ultimi decenni e ha difeso sempre la scelta di affrontarla con le politiche cosiddette “del rigore”, anche se certamente non è stato l’unico né il più importante responsabile di quella decisione. Fino al 2010 era praticamente sconosciuto, fuori dal suo paese: poi è diventato commissario dell’UE per gli affari economici e monetari e, un anno dopo, anche vicepresidente della Commissione europea. Questa sua grande notorietà europea potrebbe durare ancora poco, sembra: qualche giorno fa ha annunciato che tornerà a fare politica attiva e si candiderà alle europee del maggio 2014 puntando a diventare il leader dell’Alleanza dei liberali e dei democratici europei (Alde), gruppo parlamentare centrista al Parlamento europeo. Molti però pensano che se il PPE dovesse ottenere di nuovo la maggioranza, alle prossime europee, Rehn potrebbe essere il successore di Barroso alla guida della Commissione.
Olli Rehn ha studiato economia, relazioni internazionali e giornalismo al Macalester College, in Minnesota; nel 1989 ha conseguito un master in scienze politiche all’università di Helsinki e nel 1996 un dottorato all’Università di Oxford, specializzandosi sul corporativismo e la competitività industriale negli stati europei minori. Oltre al finlandese, parla inglese, francese, svedese e tedesco.
La sua carriera politica è iniziata nel 1988, in Finlandia, quando fu eletto consigliere comunale a Helsinki. Dal 1988 al 1994 è stato vicepresidente del Partito di Centro, di orientamento liberale; dopo l’elezione al Parlamento del suo paese, nel 1991, ha guidato la delegazione finlandese al Consiglio d’Europa. Nel 1995 ha lasciato la politica nazionale per passare al Parlamento europeo, come membro del Partito Europeo dei Liberali, Democratici e Riformatori. Fra il 1998 e il 2002 ha collaborato con Erkki Liikanen, quando era membro della Commissione Prodi, abbandonando nel 2002 temporaneamente la politica per fare ritorno all’Università di Helsinki e dirigere il Centro di Studi Europei. Nel 2003 è stato consigliere economico del governo finlandese guidato dal primo ministro centrista Matti Vanhanen e il 12 luglio del 2004 è subentrato come commissario europeo per le Imprese e la Società dell’Informazione a Erkki Liikanen, nominato lo stesso giorno governatore della Banca di Finlandia.
Il 22 novembre 2004, nella nuova commissione UE presieduta da Barroso, Rehn ha ottenuto il portafoglio per l’Allargamento, diventando responsabile anche del perfezionamento dei trattati di adesione della Bulgaria e della Romania all’Unione Europea e della prosecuzione dei negoziati con Croazia e Turchia – sottolineando, in quest’ultimo caso, l’importanza dei diritti umani e delle libertà civili come condizioni fondamentali per l’adesione all’Unione. Al momento dell’insediamento della seconda commissione presieduta da Barroso, il 10 febbraio 2010, Rehn è stato nuovamente candidato alla carica di commissario europeo dal governo finlandese assumendo l’incarico – che tuttora ricopre – di commissario per gli affari economici e monetari. Per «rafforzare il suo ruolo», nell’ottobre del 2011, Rehn è stato nominato vicepresidente della Commissione. In pratica monitora le politiche fiscali dei paesi membri, così da contribuire alla stabilità dell’euro e alla prosperità dell’Unione.
L’economia e le critiche
Rehn ha sempre difeso le politiche di austerità come unica via possibile per uscire dalla crisi, e gli strumenti comunitari – il fiscal compact, il limite al 3 per cento nel rapporto tra deficit e PIL, il ricorso alle famose “raccomandazioni”, le richieste di piani di azione per correggere gli squilibri interni ai paesi e il cosiddetto “two pack” entrato in vigore a maggio – per vincolare le nazioni a queste scelte e monitorare la loro applicazione.
In un discorso del febbraio 2013 a Londra, Rehn ha spiegato che il livello medio del debito pubblico nell’UE supera il 90 per cento del PIL e questo significa che «non c’è possibilità alcuna di abbandonare la strada del consolidamento di bilancio». Rehn ha detto che le politiche di contrasto all’andamento del ciclo economico proposte da Keynes negli anni Trenta del secolo scorso – di cui lui si dichiara seguace e che prevedevano, semplificando, un aumento della spesa per uscire dalla recessione – sarebbero perfette, se ce le potessimo permettere. Perciò, disse, «nelle condizioni di oggi non sono affatto sicuro che Keynes stesso sarebbe stato un keynesiano».
Queste sue posizioni sono state però molto criticate. Il quotidiano spagnolo El País, nel febbraio del 2013, ha raccolto in un articolo intitolato «Olli Rehn, verdetto colpevole» le opinioni di dieci grandi economisti internazionali sulle politiche di Rehn e della Commissione europea. Otto pareri su dieci si sono dimostrati assolutamente negativi. L’economista premio Nobel Paul Krugman denuncia da tempo l’inadeguatezza nella gestione della crisi, dicendo che l’attenzione di Rehn sulla disciplina di bilancio è in realtà un pretesto per smantellare lo stato sociale e ridimensionare il potere dei vari governi: «Queste persone hanno già fatto danni enormi e hanno il potere di continuare a farlo».
Il calcio
Non circolano molte le notizie sulla vita privata di Olli Rehn: sappiamo che è sposato, ha un figlio ed è appassionato di calcio. «Le due questioni che mi stanno più a cuore sono i diritti umani e il calcio», ha scritto di recente sul suo blog. Da giovane ha anche giocato nella squadra della sua città, la Mikkelin Palloilijat, nella massima divisione finlandese; è tifoso del Manchester United e i proventi della vendita del suo libro dedicato alla crisi dell’euro sono stati devoluti a squadre di calcio giovanili. Rehn sostiene che il calcio non è solo uno sport ma «uno stile di vita», e che «può svolgere un ruolo importante nel progresso economico e sociale».