Prato e i cinesi
Edoardo Nesi, che ha diretto per anni un’azienda tessile a Prato, sulle "cazzate" della globalizzazione e la città “dove si parla sempre dei cinesi, ma mai o quasi mai coi cinesi”
Edoardo Nesi è scrittore, parlamentare ed ex proprietario di un’azienda tessile familiare a Prato: l’ha diretta per 15 anni, prima di venderla nel 2004 a causa della crisi. Nel 2010 ha pubblicato con Bompiani il libro “Storia della mia gente“, con cui ha raccontato la storia dell’azienda della sua famiglia e della produzione tessile di Prato e grazie al quale ha vinto il premio Strega nel 2011. Dal 2009 al 2012 è stato assessore alla Cultura e allo Sviluppo Economico della provincia di Prato, nella giunta di centrosinistra guidata da Lamberto Gestri. Dopo l’incendio che domenica ha ucciso 7 operai cinesi in una fabbrica tessile di Prato, Edoardo Nesi ha scritto su Repubblica questo articolo per raccontare il suo punto di vista su un guaio che viene da lontano.
Nella mia città si vive ricordando ogni giorno quanto infinitamente meglio di questo presente lercio e triste fosse il passato. Quando l’elenco telefonico era ingolfato dai nomi orgogliosi e buffi di migliaia di aziende tessili, tutte piccole e piccolissime, e producevamo i tessuti più belli del mondo. Nella mia città l’arrivo del nuovo millennio non è stato festeggiato come nelle altre città: sapevamo bene che avrebbe portato l’ apertura totale del mercato tessile mondiale, e con essa un’ invasione di prodotti cinesi, e subito dopo la crisi, una crisi rapida e nera e disperata che ci avrebbe costretti ad assistere impotenti allo spettacolo osceno di centinaia di piccole e piccolissime aziende che avviavano a chiudere, una dopo l’ altra, a centinaia, nel silenzio beffardo e cattivo che accompagna sempre il crollare delle aziende piccine, quelle in cui si fa fatica a distinguere il titolare dal dipendente, a vederli lavorare fianco a fianco; quelle i cui nomi non vanno a finire sui giornali nemmeno quando falliscono; quelle che hanno sempre sostenuto l’ Italia. Nella mia città sappiamo bene quale ridicola truffa sia la globalizzazione, con i suoi profeti e le sue parole d’ ordine, con le sue promesse di guadagni universali mai avverati, con gli economisti venerati come ayatollah, con la retorica marcia e falsa sull’ eccellenza del Made in Italy, con la supremazia mistica che si attribuiva ai distretti industriali come il nostro, col mito della imbattibile qualità dei nostri tessuti, e le nicchie, e le punte di diamante, e gli esempi. Cazzate. Erano tutte cazzate.
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foto: LaPresse