Che cosa è successo a Prato
Sette persone sono morte in un'azienda di vestiti a causa di un incendio: le cause non sono ancora chiare, si discute già molto delle condizioni dei capannoni gestiti da cinesi
Domenica 1 dicembre sette persone sono morte a causa di un incendio nella zona industriale del Macrolotto di Prato, in Toscana. Intorno alle sette del mattino un ex carabiniere che passava nella zona ha notato del fumo che usciva da un capannone dove si confezionano vestiti e ha visto due persone con gli abiti bruciati che chiedevano aiuto, spiegando che all’interno dell’azienda c’erano altri operai. I vigili del fuoco sono arrivati pochi minuti dopo e si sono dati da fare per spegnere l’incendio e dare soccorso a chi si trovava ancora nel capannone.
Quattro persone sono state trasportare in ospedale poco dopo l’arrivo dei vigili del fuoco. Due di queste sono in gravi condizioni a causa delle ustioni e dell’intossicamento dovuto al fumo, mentre le altre sono state dimesse dopo qualche ora e ulteriori accertamenti. Intanto al Macrolotto sono proseguiti i lavori per spegnere l’incendio, che hanno portato al ritrovamento dei corpi delle persone morte all’interno del capannone.
Stando ai giornali locali La Nazione e Il Tirreno, i morti accertati sono sette: cinque uomini e due donne di origini cinesi. Dalle ricostruzioni sembra che vivessero all’interno dello stesso capannone industriale in cui lavoravano. In una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio, con letti sovrapposti per sfruttare l’altezza della struttura e muri in cartongesso. A causa dell’incendio ci sono stati diversi crolli, che hanno complicato ulteriormente la fuga dei lavoratori.
Le cause dell’incendio non sono ancora del tutto chiare. Nel capannone sono stati ritrovati materiali altamente infiammabili, tessuti e plastiche che hanno fatto sviluppare rapidamente le fiamme. L’incendio potrebbe essere stato causato da una stufetta elettrica o da un fornelletto mal funzionante, oppure da un cortocircuito dei macchinari usati per la produzione degli abiti. È probabile che diverse persone siano morte intossicate dal monossido di carbonio mentre stavano dormendo, e che solo in un secondo momento siano state carbonizzate dall’incendio.
La prima persona morta è stata estratta intorno alle 9 del mattino di domenica, quasi completamente carbonizzata. Successivamente i vigili del fuoco hanno trovato gli altri corpi. Prima dell’asfissia, uno di questi aveva rotto una finestra per cercare un po’ d’aria o una possibile via di fuga, ma all’infisso erano montate delle inferriate. I vigili del fuoco hanno trovato il suo corpo vicino alla parete con un braccio fuori dalla finestra.
Nella notte tra domenica e lunedì sono proseguiti i lavori per la messa in sicurezza del capannone e per la ricerca di eventuali altre persone morte durante l’incendio. Salvo rinvii, lunedì la Procura di Prato aprirà un’inchiesta per omicidio colposo plurimo e incendio colposo come ipotesi di reato. Si attenderanno poi gli esiti dei primi accertamenti e delle indagini sul posto per eventuali accuse di diverso tipo.
Il sindaco di Prato, Roberto Cenni, ha proclamato il lutto cittadino. La zona è stata visitata anche dal presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, che ha ricordato che “questa tragedia l’abbiamo sulla coscienza tutti” perché è noto da tempo che in quell’area c’è “una grande concentrazione di lavoro nero e siamo sotto la soglia dei diritti umani”.
Prato e i cinesi
A Prato ci sono centinaia di piccole aziende che si occupano del “pronto moda”, il metodo produttivo che prevede la realizzazione e il confezionamento di abiti in brevissimo tempo, con cambi altrettanto rapidi di catalogo per rinnovare l’offerta nei negozi. Moltissime grandi marche producono nella zona di Prato, affidando le fasi finali della produzione dei loro prodotti ad aziende piccole in cui lavorano decine di persone, quasi sempre di origini orientali, in condizioni di sicurezza molto scarse e spesso in nero. Offrono manodopera a prezzi molto bassi e competitivi, che consentono alle grandi marche di ottenere margini più alti sulla vendita dei loro prodotti.
La continua offerta di nuove commissioni ha fatto espandere enormemente il polo industriale delle confezioni a Prato negli ultimi anni. Si stima che in città vivano almeno 20mila cinesi, un abitante su dieci, e che solo la metà di questi siano registrati regolarmente all’anagrafe. Ma c’è chi fornisce numeri molto più alti. Ci sono costanti attività della Guardia di Finanza e delle forze dell’ordine per verificare che le persone al lavoro nei capannoni siano in regola e che non ci siano fenomeni di evasione. Ma i capannoni sono centinaia e spesso ospitano più aziende, cosa che complica gli accertamenti. Non è raro che durante le verifiche siano scoperti stanzini e luoghi più o meno occultati in cui dormono gli operai, nelle poche ore di pausa tra i turni, che possono durare anche più di dieci ore.
I capannoni delle aziende di confezioni, che lavorano grazie alle commissioni delle grandi marche, sono spesso dati in affitto da agenzie e singoli proprietari della zona di Prato. In molti casi i locatori non hanno totale conoscenza di cosa accade all’interno dei loro immobili, o preferiscono non interessarsene fino a quando ricevono regolarmente il pagamento dell’affitto. Le condizioni di sicurezza e le tutele per i lavoratori sono sostanzialmente assenti e incendi e altri incidenti sono frequenti. Durante l’estate sempre nella zona del Macrolotto erano bruciate altre tre aziende di pronto moda gestite da cinesi.