La Croazia ha vietato i matrimoni gay
Il 65 per cento dei croati ha risposto "sì" al referendum che inserisce nella Costituzione il matrimonio come "un'unione tra uomo e donna"
Domenica 1 dicembre in Croazia si è votato un referendum per introdurre nella Costituzione del paese la definizione di matrimonio come “un’unione tra uomo e donna”, in pratica per rendere impossibile per il governo legalizzare i matrimoni gay tramite una legge ordinaria. Il 65 per cento dei croati che sono andati a votare ha risposto “sì” al quesito «Sei d’accordo che il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna?»: un portavoce del governo ha confermato ora che la Costituzione sarà cambiata in accordo al risultato del referendum.
Il “sì” ha ricevuto il sostegno della grande maggioranza dei parlamentari croati (104 su 151, tra cui tutti i partiti di opposizione), anche se il primo ministro socialdemocratico Zoran Milanović si è schierato nettamente per il “no”. Milanović, in carica dal dicembre 2011, ha detto che il referendum minacciava il diritto delle persone alla felicità e alla libertà di scelta. L’anno scorso il governo ha introdotto l’educazione sessuale a scuola, nonostante la forte opposizione delle organizzazioni cattoliche (i cattolici in Croazia sono il 90 per cento dell’intera popolazione). Milanović sembrava inoltre intenzionato a introdurre un riconoscimento per le coppie di fatto, anche dello stesso sesso: ma negli ultimi mesi la destra sembra aver dato colpi molto forti alla stabilità politica del suo governo, mettendone a rischio i piani sui diritti civili e delle minoranze nazionali.
Il voto sembra avere diviso profondamente la Croazia: i gruppi liberali hanno detto che la stessa domanda posta nel referendum era una violazione dei diritti umani fondamentali, mentre i leader della chiesa cattolica nazionale hanno invitato tutti i cattolici a votare “sì”. Il cardinale croato Josip Bozanic ha detto: «Il matrimonio è la sola unione che consente la procreazione. Questa è la differenza tra un matrimonio e le altre unioni». La predominanza delle posizioni cattoliche era comunque già evidente prima del voto: il gruppo che aveva promosso il referendum, U ime obitelji, “in nome della famiglia”, in poche settimane era riuscito a raccogliere più di 700 mila firme.
Anche presidente croato, il liberale Ivo Josipovic, si è espresso piuttosto duramente nei confronti del referendum e ha detto: «Non abbiamo bisogno di questo tipo di referendum. Definire il matrimonio come un’unione tra un uomo e una donna non appartiene alla Costituzione. Una nazione è giudicata per il suo atteggiamento nei confronti delle minoranze». L’Unione Europea, di cui la Croazia è paese membro, non ha commentato ufficialmente l’esito del referendum.
Secondo BBC, nonostante l’esito del referendum negli ultimi anni l’attitudine dei croati nei confronti dei matrimoni gay è cambiata, anche se molto lentamente. Il primo gay pride del paese si tenne a Zagabria nel 2002, ma decine di manifestanti furono picchiati dagli estremisti. Da qualche anno la manifestazione si tiene con una certa regolarità, anche se sotto il controllo e la protezione delle forze dell’ordine.