Le proteste in Thailandia continuano
Decine di migliaia di persone continuano a chiedere – per lo più pacificamente, per ora – le dimissioni del primo ministro: le foto degli ultimi giorni e le ragioni dei manifestanti
Il primo ministro della Thailandia, Yingluck Shinawatra del partito populista Pheu Thai, ha superato un voto di sfiducia nei confronti del suo governo in Parlamento, dopo giorni di proteste di piazza dell’opposizione a Bangkok, la capitale del paese. Decine di migliaia di persone continuano a chiedere le dimissioni del primo ministro, accusato di essere controllato dal fratello ed ex capo di governo Thaksin Shinawatra, in esilio volontario dal 2008 da quando un tribunale thailandese l’ha condannato in contumacia a due anni di carcere per appropriazione indebita.
Le proteste continuano da quasi una settimana e finora sono state per lo più pacifiche e in un certo senso festose. Un gruppo di manifestanti giovedì 28 novembre ha cercato di occupare la sede dell’esercito a Bangkok, nei giorni precedenti avevano occupato alcuni altri edifici governativi. Tra gli obiettivi di chi protesta c’è anche la sede del Pheu Thai, intorno alla quale sono state rafforzate le misure di sicurezza. I manifestanti durante la settimana hanno tagliato la corrente elettrica alla sede della polizia e hanno causato l’evacuazione della principale agenzia investigativa del paese.
Il primo ministro Yingluck ha inviato un messaggio televisivo nel quale ha invitato i manifestanti a negoziare una tregua con il governo. Ma il leader delle manifestazioni, l’ex parlamentare Suthep Thaugsuban, ha detto che le proteste di piazza continueranno a oltranza fino a quando il governo non si sarà dimesso. Il 25 novembre scorso si stima che alle manifestazioni abbiano partecipato più di 100mila persone, nei giorni seguenti il numero di manifestanti è progressivamente diminuito, ma si tratta comunque ancora di diverse decine di migliaia di persone.
Yingluck ha annunciato nei giorni scorsi l’ampliamento della legge sulla sicurezza nazionale, che dà alle autorità diversi poteri speciali nei casi di potenziale pericolo per l’ordine pubblico: le nuove regole consentono alla polizia di imporre il coprifuoco, stabilire posti di blocco più facilmente lungo le strade e usare sistemi più drastici per disperdere la folla durante le manifestazioni.
Le proteste a Bangkok sono iniziate circa un mese fa e sono organizzate dal principale partito di opposizione, il Partito democratico. Yingluck è accusata in particolare di avere presentato una legge sull’amnistia al solo scopo di fare assolvere il fratello Thaksin Shinawatra, col quale ha mantenuto stretti rapporti anche negli anni del suo esilio volontario. La legge ha subìto una prima bocciatura dal Senato il 12 novembre scorso, ma le manifestazioni sono proseguite ugualmente.
Thaksin Shinawatra è stato primo ministro dal 2000 al 2006, anno in cui ci fu un colpo di stato organizzato dai generali che si dichiaravano fedeli alla monarchia. I sostenitori di Thaksin organizzarono due mesi di proteste a Bangkok accusando il nuovo primo ministro, Abhisit Vejjajiva, di avere ottenuto il potere illegittimamente, grazie ai brogli e al sostegno dei militari. Nel paese ci fu una grave crisi politica che causò scontri con la morte di almeno 90 persone e centina di arresti.
Da allora in Thailandia ci sono periodicamente proteste contro il governo, che talvolta degenerano in scontri violenti come accaduto nel 2010 e nel 2012. Il paese è diviso tra le élite di Bangkok vicine alla monarchia e le popolazioni povere delle aree rurali e delle città del nord del paese rimaste fedeli a Thaksin. Queste si vestono spesso con camicie rosse, per distinguersi dagli oppositori che erano soliti fare le loro marce di protesta con vestiti gialli, e sono spesso accusate di tollerare gruppi di violenti interessati solo ad acquistare potere. Il movimento delle “camicie rosse” raccoglie al suo interno fasce molto diverse di thailandesi, dagli operai alla borghesia che vorrebbe aumentare il proprio potere e la propria rilevanza economica.