La banalità del David
Il critico d'arte Francesco Bonami attacca sulla Stampa la scelta del simbolo del Padiglione Italia all'Expo 2015
Il critico e curatore d’arte Francesco Bonami contesta oggi sulla Stampa la scelta di usare il David di Michelangelo come il simbolo del Padiglione Italia all’Expo 2015. La decisione, annunciata il 27 novembre da Diana Bracco, presidente di Expo 2015 Spa e commissario del padiglione, è stata presa per “contribuire al rilancio del paese”: Bracco ha spiegato che una copia dell’opera sarà collocata nella grande piazza del Padiglione Italia. Secondo Bonami però è una scelta banale e fuori contesto, il David non rappresenta più l’Italia da tempo, ma una storia dell’arte diventata souvenir: «il David sta ormai alla cultura italiana come il marshmallow al gelato Grom. Una cosa talmente unica da essere diventata la copia artificiale di se stessa».
Parafrasando il titolo del famoso libro della filosofa tedesca Hannah Arendt, «La banalità del male», si potrebbe parlare del «Male della banalità». Ci sono immagini, non importa quanto culturalmente e artisticamente importanti siano, così universalmente famose da non significare quasi più nulla, incapaci di portarsi a dietro nessun messaggio nuovo. Usare il David per comunicare l’Italia è quasi pornografico. Non certo per la nudità del soggetto, ma perché l’opera d’arte viene obbligata a prostituirsi con la comunicazione di qualcosa di partenza essenzialmente non artistico. Inoltre il David non rappresenta l’Italia, ma una storia dell’arte diventata souvenir, attrazione globale di massa che però non racconta nulla di inaspettato. Il David da sempre richiama quel «turista» che in Italia verrebbe ugualmente senza che si sia bisogno dell’Expo. Addirittura l’immagine del giovanotto michelangiolesco è fuorviante, non facendo capire cosa sia l’Expo.
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