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  • Venerdì 29 novembre 2013

L’arresto di Alaa Abdul Fattah

Uno dei più famosi attivisti egiziani, rivale sia dei militari che degli islamisti, è stato portato via di casa con l'accusa di "incitamento a manifestazioni non autorizzate"

Nella serata di giovedì 28 novembre uno dei più famosi blogger e rivoluzionari egiziani, Alaa Abdul Fattah, è stato arrestato nella sua casa al Cairo, in Egitto, con l’accusa di “incitamento a manifestazioni non autorizzate”. Secondo quanto ha raccontato il padre all’Associated Press, durante l’arresto la polizia ha picchiato lui e la moglie e sequestrato tutti i telefoni e computer portatili della casa. Per diverse ore nessuno è riuscito a sapere dove fosse stato trasferito, poi i suoi avvocati hanno fatto sapere che si trova detenuto in una caserma delle forze di sicurezza (ma non se ne conosce ufficialmente la località, anche se la sorella ha fornito su Twitter qualche indicazione). La notizia dell’arresto è stata ripresa moltissimo sui social network, in particolare su Twitter: Alaa Abdul Fattah è un attivista molto noto ed è stato uno dei più attivi contro il regime di Hosni Mubarak. Secondo la giornalista Mai Shams El-Din, del giornale egiziano Mada Masr, le autorità hanno stabilito che Alaa dovrà stare in carcere 4 giorni, per permettere alla polizia di svolgere le indagini.

La moglie di Abdul Fattah ha scritto su Twitter di avere paura per come verrà trattato dalla polizia il marito e ha pubblicato la foto di alcune tracce di sangue sul pavimento della camera da letto di casa loro. Ha anche scritto che diversi account di Abdul Fattah sono stati violati e bloccati.

 

Il mandato di arresto per Abdul Fattah era stato annunciato mercoledì insieme a quello per Ahmed Maher, capo del movimento “6 aprile”, di orientamento laico e opposto sia al regime militare del generale Abdel Fattah al-Sisi sia al movimento politico-religioso dei Fratelli Musulmani. Sulla sua pagina Facebook Alaa Abdul Fattah aveva detto che si sarebbe presentato spontaneamente all’ufficio del procuratore generale sabato a mezzogiorno. Il giorno prima aveva partecipato a una manifestazione di fronte al Senato egiziano, al Cairo, per protestare contro la nuova legge “anti-proteste” firmata dal presidente Adli Mansur il 24 novembre scorso. Secondo alcune associazioni e avvocati egiziani la legge rende praticamente impossibile organizzare una manifestazione legale in Egitto: Gamal Eid, direttore dell’organizzazione non governativa “Rete araba per l’informazione sui diritti umani”, ha detto che la legge riporta indietro all’era di Mubarak, e sarebbe addirittura peggiore della legislazione repressiva in vigore in Egitto durante il protettorato britannico.

Fattah ha 30 anni ed è cresciuto in una famiglia con una lunga storia di militanza politica. Suo padre, Ahmed Seif El-Islam Hamed, è un noto avvocato e attivista per i diritti umani arrestato nel 1980 e imprigionato per cinque anni dal regime. La zia è Ahdaf Soueif, scrittrice di fama internazionale e commentatrice politica del Guardian. Sua sorella, Mona Seif, è tra i fondatori del movimento egiziano «No ai processi militari per i civili». Abdul Fattah era già stato arrestato il 30 ottobre 2011, con l’accusa di avere incitato alla violenza contro i soldati egiziani dopo la repressione della protesta dei cristiani copti, avvenuta il 9 ottobre dello stesso anno, in cui morirono 27 persone. Abdul Fattah era tra i più accaniti critici della giunta militare di Mubarak: contestava in particolar modo la decisione di sottoporre i civili ai tribunali militari, l’incapacità di soddisfare le istanze della rivoluzione e la feroce repressione delle proteste.

L’arresto di Abdul Fattah non è un episodio isolato: negli ultimi mesi il nuovo governo ad interim dell’Egitto, sostenuto e in qualche maniera pilotato dai militari, ha avviato una repressione che è stata definita “silenziosa” da diversi giornali internazionali: centinaia di esponenti dei Fratelli Musulmani – il cui leader è Mohamed Morsi, ex presidente deposto dall’esercito il 3 luglio scorso – e diversi giornalisti anti-regime sono stati arrestati e condannati a diversi anni di carcere con l’accusa di “incitamento alla violenza”.

Foto: Alaa Abdul Fattah (Pagina Facebook di Alaa Abdul Fattah)