
I nuovi 4 stelle del Mereghetti
L'illusionista (L'Illusionniste, Francia/Gb 2010, col, 76’) Sylvain Chomet
L'anziano prestigiatore francese Tatischeff, che non ha mai raggiunto il successo, si esibisce in uno sperduto villaggio delle Highlands scozzesi dopo aver capito che i suoi spettacoli non riescono più a sorprendere l'esigente pubblico parigino. Qui incontra una giovanissima che lo crede un vero mago, e riesce a portarla con sé fino a Edimburgo: ma intorno il mondo sta cambiando in fretta, e anche la ragazza deve crescere. E innamorarsi. Per il suo malinconico cartoon in splendida animazione tradizionale, Chomet adatta una sceneggiatura mai filmata, scritta nel 1956 da Jacques Tati (rievocato nella fisionomia e nel nome del protagonista, che è il vero cognome del grande regista). E la trasforma in un (casto) “breve incontro” che ha come sfondo la morte di un mondo. L'amore platonico senile funziona come metafora disincantata della transitorietà di ogni “magia”, inclusa quella della vita; mentre il contrasto stridente fra “vecchio” e “nuovo” diventa una presa di coscienza disincantata su un progresso inevitabile ma non sempre benevolo. Privo di dialoghi, straordinariamente conciso e con almeno un'idea visiva in ogni sequenza, il film cita tutti i capolavori di Tati (concedendosi una fulminante sequenza in cui il Tatischeff animato entra in un cinema dove assiste a un vero spezzone di Mio zio) ma non manca di omaggiare Chaplin, Fellini e Keaton. Un'esperienza visiva ed emotiva commovente, con una piccola sorpresa dopo i titoli di coda. Candidato all'Oscar 2011 per il miglior film d'animazione è rimasto scandalosamente a bocca asciutta.