Come gioca la Juve
La storia della trasformazione di una squadra disastrosa in una squadra imbattibile, spiegata agli impallinati di tattica e schemi
Fabio Barcellona ha scritto per la rivista online l’Ultimo Uomo un articolo in cui racconta anno per anno com’è cambiato il modo di giocare della Juventus dal ritorno in Serie A, dalle disastrose stagioni di Ciro Ferrara e Luigi Delneri fino all’arrivo di Antonio Conte e ai due scudetti consecutivi. Un articolo per impallinati di calcio, tattica, schemi, rombi, esterni e tutte quelle robe lì.
«La Juventus si presenta ai nastri di partenza del campionato di serie A esibendo con orgoglio i costosi acquisti di Felipe Melo (25 milioni) e Diego (24,5 milioni). Ad oggi i cartellini dei due brasiliani rimangono i più costosi tra quelli acquistati dopo la risalita dei bianconeri dalla serie B. Nei due anni precedenti la Juventus post serie cadetta, si è affidata a Claudio Ranieri e al suo 4-4-2 piuttosto scolastico, confidando nelle residue e a dire il vero ancora efficaci capacità del gruppo storico di calciatori: Camoranesi e Nedvěd esterni del centrocampo a 4 col compito di creare gioco, Del Piero e Trezeguet (o Amuari o Iaquinta) in attacco a finalizzare. Semplice e pienamente sufficiente per raggiungere due volte la zona Champions League in Italia e per compiere un dignitoso cammino in Europa, condito da perle quale la vittoria esterna contro il Real Madrid, col Bernabeu che tributa una standing ovation ad Alessandro Del Piero. Alla fine della stagione 2008-2009, Nedvěd si ritira, Ranieri è già stato esonerato a due giornate dal termine del campionato e i vecchi campioni cominciano a invecchiare.
La dirigenza rilancia, conferma tutti gli eroi della serie B e innesta Felipe Melo e Diego. E qui c’è il primo incrocio tra la Juventus e l’allenatore Antonio Conte. Diego ha trascinato il Werder Brema alla finale di Coppa UEFA, persa poi contro lo Shakhtar Donetsk, col brasiliano in tribuna, squalificato. Il tecnico leccese sembra sul punto di diventare l’allenatore della Juventus. Nei colloqui preliminari con il DS Alessio Secco, Conte, che ha appena vinto il campionato di serie B con il Bari giocando un iperoffensivo 4-2-4, suggerisce di spendere 25 milioni per un esterno (Robben, Walcott i suoi preferiti) e di lasciare il brasiliano a Brema. La Juventus prende comunque Diego e allora Conte ipotizza di farlo giocare seconda punta in un 4-2-4/4-2-3-1.
Alla fine l’allenatore sarà Ciro Ferrara che imposta un 4-3-1-2 con Melo vertice basso e Diego vertice alto del rombo di centrocampo. Nonostante un inizio davvero promettente (vittoria esterna contro la Roma di Spalletti con doppietta di Diego e gol di Felipe Melo) la Juventus presto crolla sotto il peso dell’inadeguatezza tattica e complessiva di Ferrara: il rombo funziona bene quando a giocarlo sono il reietto Poulsen da mediano, che riesce ad equilibrare la squadra, l’ancora più disprezzato portoghese Tiago da mezzala, capace di offrire sempre linee di passaggio ai compagni e due sgobboni come Iaquinta e Amauri in attacco ad aprire il campo. E invece il rombo viene giocato con Felipe Melo al posto del danese e Sissoko al posto del portoghese, riducendo in maniera drastica il Q.I. della squadra all’interno di un sistema di gioco che prevede interpretazioni non banali. È un disastro. Fuori dalla Champions League prendendo quattro gol in casa dal Bayern Monaco, fuori dall’Europa League prendendo quattro gol dal Fulham quando già Zaccheroni è subentrato all’esonerato Ferrara e settimo posto in campionato»
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Foto: GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images