Com’è fatto un centro di detenzione per migranti in California
Un reportage fotografico di John Moore mostra la vita delle persone in attesa di un processo o dell'espulsione dagli Stati Uniti
Il fotografo di Getty Images John Moore ha realizzato un reportage nel centro di detenzione di Adelanto, in California. La struttura è la più grande e la più recente costruita in California dall’Immigration and Customs Enforcement (ICE), l’agenzia del ministero della Sicurezza interna degli Stati Uniti che si occupa della sicurezza dei confini e dell’immigrazione illegale. Il centro ospita una media di 1.100 migranti irregolari – ha circa 1.200 posti letto – in attesa di giudizio o di espulsione dagli Stati Uniti. Un detenuto rimane nella struttura in media 29 giorni. È organizzata come un carcere federale, con celle, aree comuni e centri ricreativi; alcuni detenuti sono rinchiusi in isolamento per motivi di sicurezza e gli agenti passano loro il cibo e le eventuali telefonate attraverso le sbarre.
John Moore ha raccontato sul Lens, il blog di fotogiornalismo del New York Times, che il reportage ad Adelanto fa parte di un suo progetto più ampio sull’immigrazione negli Stati Uniti, per cui ha già fotografato centri gestiti dall’ICE a Florence ed Eloy, in Arizona, e il rimpatrio di un centinaio di guatemaltechi nel loro paese. Moore ha scritto che l’ICE detiene in carcere una media di 33 mila immigrati privi di documenti in più di 400 strutture in tutto il paese. Soltanto nel 2012 l’agenzia ha rimpatriato 409.849 immigrati, finora il numero più alto nello stesso anno. Si calcola che entro il 2014 l’amministrazione Obama avrà rimpatriato più di due milioni di persone, più di qualsiasi presidente americano.
Moore spiega che per rimpatrio si intendono sia le «deportazioni formali che le partenze volontarie». Si tratta di procedimenti molto diversi: la deportazione prevede un processo, l’ordine di un giudice e vieta all’immigrato di tornare negli Stati Uniti per un certo periodo di tempo, anche se il resto della sua famiglia vive lì. Il rimpatrio volontario invece non prevede alcun processo e spesso chi lo sceglie tenta di nuovo di tornare negli Stati Uniti illegalmente. I migranti messicani vengono accompagnati alla frontiera, mentre gli altri devono essere portati nel loro paese per via aerea: quasi ogni settimana ci sono voli che partono che partono da Meza, in Arizona, diretti in America Centrale.
Negli ultimi anni sono cresciuti sempre di più i movimenti, come NotOneMoreDeportation e i Dreamers, che chiedono la fine delle deportazioni, soprattutto quando si tratta di genitori che vengono separati dai figli. Uno dei principali successi è arrivato ad agosto quando l’ICE ha ordinato ai suoi agenti di non deportare più genitori di minorenni che sono nati negli Stati Uniti e hanno la cittadinanza americana. A giugno invece il Senato americano ha approvato la riforma sull’immigrazione: prevede da un lato il rafforzamento militare del confine con il Messico, dall’altro una sorta di sanatoria, che permetterà agli 11 milioni di immigrati irregolari negli Stati Uniti di ottenere la cittadinanza attraverso un processo graduale. La legge dovrà essere però approvata anche alla Camera, dove si prevede una maggiore opposizione da parte dei repubblicani.