Cina e Giappone litigano di nuovo
E di nuovo per le isole Senkaku, contese dai due governi: la storia dall'inizio, qual è il problema stavolta e con chi stanno gli Stati Uniti
Dopo mesi di relativa calma, Cina e Giappone hanno ripreso a litigare sul controllo territoriale delle isole Senkaku, da tempo contese tra i due paesi. Sabato 23 novembre il governo cinese ha dichiarato di avere istituto una zona di controllo aerea in quel tratto di mare, che dà il diritto alla Cina di identificare e assumere azioni militari contro gli aerei in volo sulle isole se necessario. Le Senkaku (per i giapponesi, Diaoyutai per i cinesi) si trovano nel Mar Cinese Orientale e sono amministrate dal Giappone, ma Cina e Taiwan ne rivendicano la proprietà.
Il ministro degli Esteri giapponese, Fumio Kishida, ha definito molto pericolosa la recente decisione della Cina, che potrebbe portare a una imprevedibile escalation delle tensioni nella zona. Ha spiegato che si è trattato di un’azione unilaterale e che per questo motivo “non può essere permessa”. Un portavoce del ministro degli Esteri cinese ha risposto alle accuse di Kishida, definendole “commenti irresponsabili” e ricordando che la Cina ha il diritto di istituire la zona di controllo del traffico aereo su quel tratto di mare.
Gli Stati Uniti sono il principale alleato del Giappone, hanno interessi a mantenere il controllo nell’area e per questo motivo hanno risposto altrettanto duramente alla decisione della Cina. Il ministro della Difesa statunitense, Chuck Hagel, l’ha definita “un tentativo per destabilizzare e compromettere lo status quo nella regione”. Nel comunicato, Hagel ha poi confermato che gli Stati Uniti manterranno i loro impegni previsti dai trattati internazionali, che li vincolano ad aiutare il Giappone nel caso di un attacco militare. Il governo cinese ha risposto alle dichiarazioni di Hagel invitando gli Stati Uniti a “non schierarsi da una parte o dall’altra sul caso delle isole contese”.
Sabato il ministero della Difesa giapponese ha confermato l’invio di due caccia F-15 per intercettare due aerei cinesi che si stavano avvicinando alle isole. I due aeroplani di sorveglianza della Cina hanno invertito la rotta e sono tornati indietro senza che si verificassero complicazioni. Poiché detiene l’amministrazione delle isole, il Giappone ha un proprio sistema di controllo e difesa aerea nella zona.
Le dichiarazioni di Giappone e Stati Uniti per ora servono più che altro per capire quali siano le effettive intenzioni della Cina sulla sua zona di controllo aerea nel Mar Cinese Orientale. Il governo cinese ha infatti annunciato di volerla applicare, ma non lo ha ancora fatto nella pratica. Si potrebbe quindi trattare di un semplice annuncio per rinforzare il consenso da parte della popolazione e fare propaganda. Se si dovesse passare alla pratica, invece, non è chiaro come potrebbe reagire il Giappone. Si ipotizza che la difesa giapponese potrebbe aumentare la sorveglianza nella zona, ma per ora il governo non ha dato informazioni chiare.
Le zone di identificazione aerea non devono coincidere necessariamente con lo spazio aereo di competenza di una nazione sui suoi territori e su quelli contesi. Gli stati definiscono le zone e le regole cui devono sottostare gli aerei che le attraversano.
La storia delle isole contese risale a oltre un secolo fa. Quando il Giappone vinse la Prima guerra sino-giapponese a fine Ottocento impose alla Cina un trattato in cui veniva riconosciuta l’indipendenza della Corea (che prima era sotto l’influenza dell’imperatore cinese) e veniva imposta la cessione di Taiwan (Isola di Formosa) e di tutte le sue isole. Le cose si complicarono nei decenni successivi: la Cina vinse la Seconda guerra mondiale e rientrò in possesso delle isole appartenenti a Taiwan. Negli anni Cinquanta a San Francisco fu sancito che la sovranità delle isole sarebbe ritornata al Giappone.
Le Senkaku-Diaoyutai (il primo nome è quello dato dai giapponesi, il secondo dai cinesi) rimasero pizzicate in mezzo a questi stravolgimenti. Il Giappone rifiutò di riconoscere i diritti cinesi sulle isole, sostenendo che a fine Ottocento erano entrate a far parte del dominio giapponese dopo un decennio di esplorazioni, che avevano consentito di appurare che le isole erano disabitate e senza alcun controllo da parte di alcun paese. Secondo i giapponesi non potevano quindi essere considerate come una cessione da parte della Cina, perché di fatto fino a fine Ottocento non erano di nessuno. La Cina sostiene invece che le isole erano già conosciute ai tempi della dinastia Ming (secoli XIV – XVII) e che entrarono a far parte del territorio cinese a fine Seicento, quando Taiwan divenne parte dell’impero cinese. Furono quindi cedute al Giappone e sarebbero dovute tornare alla Cina dopo la Seconda guerra mondiale.