I conti dell’ACI
Sergio Rizzo spiega sul Corriere che l'Automobile Club d'Italia è "una struttura elefantiaca" che controlla numerose società e che ha bilanci in pessima salute
Sul Corriere della Sera di domenica 24 novembre, Sergio Rizzo parla dei tentativi falliti di abolizione del Pubblico registro automobilistico (PRA) e della “tassa occulta” da circa 200 milioni l’anno che gli italiani pagano per finanziare “un carrozzone chiamato Automobile club d’Italia.” L’ACI, scrive Rizzo, è “una struttura elefantiaca” che controlla numerose società e ha bilanci in pessima salute, in cui spiccano però le alte retribuzioni dei suoi dirigenti.
Anche se pochi ormai se la ricordano, quella storia Pier Luigi Bersani certo non l’ha dimenticata. Non fosse altro perché è una delle sconfitte più brucianti che da ministro delle liberalizzazioni abbia dovuto subire ad opera di una lobby. Due volte ha provato ad abolire il Pubblico registro automobilistico, e due volte è stato respinto con perdite. La prima, nel 2000; la seconda, sette anni più tardi. Poco importava che i cittadini italiani avrebbero potuto risparmiare un bel po’ di quattrini su ogni passaggio di proprietà, e che dal 1992 il Pra fosse un inutile doppione degli elenchi della Motorizzazione civile. Prima di Bersani, anche i sostenitori di un referendum promosso nel 1995 da un comitato presieduto dall’ex direttore del Sole24ore Gianni Locatelli e composto da una serie di associazioni e dalla rivista Quattroruote si erano dovuti arrendere. Le firme vennero raccolte in abbondanza, ma la Corte costituzionale dichiarò il quesito inammissibile. Tanto è misteriosamente potente, la lobby del Pra, da essere sfuggita alle grinfie della spending review, risultando appena sfiorata dal decreto semplificazioni: gli automobilisti non dovranno più comunicare le perdite di possesso e i cambi di residenza, che saranno acquisiti d’ufficio. Troppa grazia…
LA TASSA OCCULTA – Sopravvive così uno degli ultimi residui della normativa fascista, considerato che l’iscrizione dei veicoli al Pra è prevista da un decreto del 1927. Ma ciò che conta di più, questa tassa occulta da circa 200 milioni l’anno, cifra pari a sei volte e mezzo lo stanziamento 2014 per il dissesto idrogeologico in tutta Italia, rappresenta una formidabile assicurazione sulla vita per un carrozzone chiamato Automobile club d’Italia. L’unica federazione sportiva dipendente dal Coni che oltre a gestire per legge una funzione statale obbligatoria per i cittadini riscuote pure una imposta: il bollo auto. Ovviamente non gratis.
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