Le scarpe di Michael Jordan all’asta
Non sono scarpe qualsiasi: sono quelle che usò in una partita famosissima e che regalò a un raccattapalle in cambio di un succo di mela
L’11 giugno 1997 a Salt Lake City, capitale dello Utah, si giocava la finale di gara-5 dei playoff NBA, la lega professionistica del campionato di basket americano: di fronte c’erano i Chicago Bulls di Michael Jordan, Scottie Pippen e Dennis Rodman, guidati in panchina da Phil Jackson, e gli Utah Jazz del duo John Stockton-Karl Malone. La serie era ferma sul 2-2 e il momento era piuttosto favorevole a Utah, che avevano vinto le ultime due partite in casa, al Delta Center di Salt Lake City. All’inizio della partita Michael Jordan, il cestista più forte di tutti i tempi e leader della squadra dei Bulls, si era presentato in campo nonostante avesse seri problemi intestinali: due notti prima era stato malissimo, non si era più allenato e la sua presenza in campo era fortemente in dubbio.
Quella sera Jordan decise comunque di giocare. Stette in campo 44 minuti, in un paio di occasioni furono i suoi compagni di squadra a sorreggerlo, dopo dei mancamenti causati dalle sue pessime condizioni di salute: segnò 38 punti, in una partita che i Bulls vinsero per 90 a 88 e che passò alla storia come “The Flu Game” (“La partita dell’influenza”). Se la storia di quella gara-5 è parecchio conosciuta, lo è molto meno quella di un ragazzo di soli 18 anni, Preston Truman, che quella sera al Delta Center faceva il “ball boy”, il raccattapalle. Alla fine della gara Truman, tifoso dei Jazz, riuscì a farsi regalare da Jordan le scarpe che aveva usato quella sera. Come ci riuscì lo ha raccontato lo stesso Truman al quotidiano di Salt Lake City, il Salt Lake Tribune, lo scorso 11 novembre. Ed è una storia molto bella.
Preston Truman conobbe Michael Jordan all’inizio del novembre 1996, prima di una partita di campionato tra i Chicago Bulls e gli Utah Jazz al Delta Center di Salt Lake City. Truman era uno dei “ball boy” della serata, cioè quei ragazzi che oltre a recuperare velocemente i palloni usciti dal campo svolgevano attività di generale assistenza ai giocatori. Jordan si stava allacciando le scarpe seduto in panchina quando chiese al preparatore atletico Chip Schaefer: «Dove sono i miei cracker e il mio succo di mela?». I cracker c’erano, il succo di mela no. Jordan si rivolse così a Preston Truman e gli disse: «Non ci saranno autografi per i “ball boys” dopo la gara se qualcuno non mi porta un succo di mela». Preston iniziò la ricerca del succo di mela per tutto il Delta Center e lo trovò al terzo piano dell’impianto. Una donna gli diede una lattina grande, di dimensioni industriali, ha raccontato Preston al Salt Lake Tribune. Quella sera i Bulls persero ma a fine partita Preston ottenne il suo autografo: all’uscita dal campo, Jordan gli disse: «Forse ci vediamo a giugno», riferendosi alla possibilità che i Bulls finissero per giocare la finale dei playoff contro Utah nell’estate successiva.
E così fu, senza nemmeno troppa sorpresa, visto che Chicago e Utah erano due tra le squadre considerate favorite per la vittoria del campionato. Quando la serie finale arrivò a Salt Lake City in gara-3 (le prime due partite si erano giocate a Chicago), Preston, che era stato assegnato come assistente allo spogliatoio della squadra ospite, arrivò al Delta Center preparato: aveva fatto rifornimenti di cracker e succo di mela prima della partita, e aspettava Jordan nello spogliatoio dei Bulls. Già quella sera Preston stava pensando di chiedere le scarpe a Jordan, prima che la serie si rispostasse a Chicago.
Utah vinse gara-3 e gara-4, riportando la serie in parità sul 2 a 2. Gara-5 era considerata da molti commentatori come la partita decisiva della serie: dopo quella, le due squadre sarebbero tornate a Chicago. La presenza di Jordan in campo rimase in dubbio fino all’ultimo, tanto erano serie le sue condizioni di salute dopo l’influenza intestinale che lo aveva colpito nella notte tra il 9 e il 10 giugno. Preston incontrò di nuovo Jordan prima della partita: era sdraiato al buio, da solo, in una stanza del Delta Center. Preston, con una certa audacia, gli chiese: «Pensavi di fare qualcosa con le tue scarpe alla fine della partita?».
Jordan partì male quella sera: cominciò a “giocare da Jordan” nel secondo quarto. Fece una partita incredibile, considerando le sue condizioni di salute. L’immagine di Scottie Pippen che lo sorregge evitandogli di cadere è rimasta una delle più famose di gara-5. Chicago vinse la partita per 90 a 88, e la serie per 4 a 2. Alla fine della partita Jordan tornò negli spogliatoi del Delta Center. Gli andò incontro un altro giocatore molto importante di quegli anni NBA, Charles Barkley, appena arrivato agli Houston Rockets. Preston ebbe paura che Barkley potesse chiedere a Jordan di regalargli le scarpe – non sarebbe stata una cosa nuova: era già successo con altri giocatori negli anni precedenti. Ma Barkley lasciò lo spogliatoio senza niente: all’uscita Jordan guardò Preston, e disse, indicando le scarpe: «Queste sono sue». Le autografò entrambe e si fece scattare una foto insieme a Jordan da una guardia del corpo.
L’anno successivo Preston stava lavorando a Fanzz, una catena di negozi di abbigliamento sportivo, quando un uomo entrò e gli offrì 11mila dollari in cambio delle scarpe di Jordan. Preston rifiutò. Per 17 anni le scarpe rimasero in una cassetta di sicurezza in una banca della Contea di Davis (Utah). Qualche mese fa, a 35 anni, Preston ha deciso di vendere le scarpe all’asta di Grey Flannel. L’offerta iniziale è partita da 5mila dollari: dopo cinque giorni è salita fino a raggiungere quasi 60mila dollari. L’asta è ancora in corso.