Cancellieri a prescindere
Giovanni Bianconi sul Corriere critica "la fretta di tirare conclusioni politiche affidandosi a pezzetti d’indagine in evoluzione"
Sul Corriere della Sera di martedì 19 novembre, Giovanni Bianconi commenta il caso Cancellieri e critica “la fretta di tirare conclusioni politiche affidandosi nemmeno più a iniziative giudiziarie, bensì a pezzetti d’indagine in evoluzione”. Oggi, mercoledì, la Camera voterà una mozione di sfiducia contro il ministro Cancellieri, su iniziativa del Movimento 5 Stelle.
Scongiurata un’indagine a suo carico annunciata con troppa fretta, il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri resta in bilico. Attesa da una nuova prova parlamentare, dopo quella superata quindici giorni fa. Forse finirà per dimettersi, evitando di essere dimessa; o forse rimarrà al suo posto, incamerando una nuova fiducia che comunque la lascerebbe indebolita.
Qualunque cosa accada, dopo l’annuncio ufficiale della Procura di Torino sull’assenza di notizie di reato, sarà conseguenza di valutazioni e decisioni politiche. Frutto però di una vicenda giudiziaria che, almeno per come è stata rappresentata, ha rischiato di rendere i fatti più opachi, anziché chiarirli. L’incauta telefonata del 17 luglio tra la Guardasigilli e Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti arrestato da poche ore insieme alle figlie Jonella e Giulia, resta il punto iniziale e centrale di questa storia. Un ministro della Giustizia che chiama un congiunto di inquisiti appena finiti in carcere, sebbene amici di vecchia data, per dire «non è giusto, non è giusto… c’è’ modo e modo… qualsiasi cosa io possa fare conta su di me… qualsiasi cosa adesso serva non fate complimenti» non è un bel sentire. Cancellieri s’è limitata a «rammaricarsene» nel dibattito parlamentare dove la maggioranza di governo (sia pure con qualche divisione interna) l’ha lasciata al suo posto. Anche perché il successivo interessamento per le condizioni di salute della detenuta Giulia Ligresti non aveva prodotto alcun abuso, né pressioni indebite o trattamenti di favore. Per stessa ammissione di giudici e vertici dell’amministrazione penitenziaria.