L’implosione di Scelta Civica
Un altro partito si è scisso negli ultimi giorni in Italia: da una parte quelli con Monti, dall'altra quelli con Casini
Da mesi si discute di conflitti, potenziali scissioni e scissioni vere all’interno dei principali partiti italiani (PD e PdL) ma anche Scelta Civica, fondato un anno fa da Mario Monti in vista delle elezioni politiche del 2013, è in crisi e da mesi fa i conti con un notevole calo di consensi, ricambi della dirigenza, dimissioni e abbandoni.
Da dove comincia
Scelta Civica è nata in vista delle elezioni politiche del 2013 su iniziativa di Mario Monti e attorno a un programma comunemente conosciuto come “Agenda Monti“, basato tra le altre cose sul rigore nei conti pubblici, sulla lotta alla corruzione, sugli investimenti nell’istruzione e sulle liberalizzazioni di beni e servizi. Monti aveva spiegato che avrebbero fatto parte delle sue liste solo figure della cosiddetta “società civile”, persone cioè che non erano mai stati elette in parlamento. A sostegno della lista c’erano diversi movimenti di centro e liberali come Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo e l’Unione per il Trentino di Lorenzo Dellai; un gruppo di esponenti cattolici tra cui Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio e alcuni ministri uscenti dello stesso governo Monti (oltre a Riccardi, Renato Balduzzi e Enzo Moavero Milanesi).
Scelta Civica scelse però dopo qualche settimana di presentarsi alle elezioni in coalizione con l’Unione di Centro di Pierferdinando Casini e Futuro e Libertà di Gianfranco Fini, separatamente ma coalizzati alla Camera e con una lista unica (“Con Monti per l’Italia”) al Senato, dove il sistema elettorale rendeva opportuno presentarsi con una formazione più grande. La lista di Scelta Civica ottenne alla Camera l’8,3 per cento eleggendo 37 parlamentari, mentre al Senato la lista unica ottenne il 9,13 per cento eleggendo 19 senatori, dei quali 15 direttamente legati a Scelta Civica, 2 all’UdC e due a FLI. Gli eletti hanno costituito gruppi unici alla Camera e al Senato con gli altri due partiti.
Dopo le elezioni
Durante le consultazioni con Giorgio Napolitano a seguito delle elezioni, Scelta Civica aveva da subito «espresso disponibilità e impegno per costruire una grande coalizione». Il partito aveva di conseguenza votato (e recentemente riconfermato) la fiducia al governo delle “larghe intese” guidato da Enrico Letta. All’interno del nuovo governo il partito conta direttamente due ministri, Mario Mauro alla Difesa e Enzo Moavero Milanesi agli Affari Europei, oltre ad alcuni viceministri e sottosegretari. Gianpiero D’Alia, ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, faceva riferimento diretto all’UdC. A maggio, inoltre, il partito aveva iniziato a strutturarsi: l’assemblea degli eletti aveva eletto all’unanimità Mario Monti alla presidenza, nominando anche un comitato di presidenza e un coordinamento politico.
L’inizio della crisi
Già in aprile, commentando il risultato alle elezioni politiche di febbraio, Pier Ferdinando Casini – eletto al Senato con la lista di Scelta Civica – aveva spiegato di aver commesso alcuni errori durante la campagna elettorale:
Abbiamo cambiato noi stessi i connotati di Monti: da servitore dello Stato, da Cincinnato che era, abbiamo pensato potesse essere l’uomo della Provvidenza per l’affermazione del centro. E in campagna elettorale noi abbiamo donato il sangue, ma alla fine il centro ha preso appena 3 o 4 punti in più di quando andai da solo contro Veltroni e Berlusconi.
Il movimento Italia Futura di Montezemolo, che aveva sostenuto il nuovo partito e aveva messo a disposizione di Mario Monti le sedi territoriali e la rete di relazioni del movimento, anche a seguito del deludente risultato elettorale e delle mancate candidature tra i propri esponenti, aveva iniziato a mettere in discussione il proprio appoggio: «È tempo di tornare a fare mestieri diversi», aveva detto Nicola Rossi di Italia Futura lo scorso maggio, annunciando anche, come di fatto è avvenuto, che Montezemolo non avrebbe preso più parte alle riunioni del direttivo del partito.
Le dimissioni di Mario Monti
All’interno di Scelta Civica iniziarono a delinearsi due diverse aree: quella liberale, vicina a Monti, e più “popolare, vicina a Casini e legata al ministro Mario Mauro. Il 17 ottobre la frattura fra queste due linee si è concretizzata con le dimissioni da presidente del partito di Mario Monti, motivate con i dissidi interni relativi alla legge di stabilità presentata da Letta. «Undici senatori mi hanno sfiduciato», aveva motivato Monti rivolgendosi agli esponenti del suo partito che avevano dato parere favorevole al provvedimento del governo, sconfessando la linea ufficiale che prevedeva invece delle critiche sulla legge: tra questi il ministro della difesa Mario Mauro e Pier Ferdinando Casini. I popolari di Mauro avevano chiesto maggiore sostegno al governo, facendo contemporaneamente riferimento alla necessità di guardare a un progetto che coinvolgesse maggiormente l’UdC e, quindi, a un «superamento» di Scelta Civica a favore di un progetto centrista di ispirazione europea e popolare.
Il 15 e il 16 novembre 2013, durante una complicata assemblea nazionale, il presidente pro tempore del partito, Alberto Bombassei, ha deciso di porre fine all’alleanza con l’UdC, eleggendo i nuovi vertici del partito e confermando come punto di riferimento per l’azione politica e programmatica del partito Mario Monti e la sua agenda. Durante l’incontro gli esponenti della componente popolare hanno abbandonato la sala. Secondo Monti, la componente popolare di Scelta Civica ha semplicemente intravisto «delle opportunità elettorali» in Casini e nel nuovo PdL, dopo la scissione di Alfano:
(…) oltre ai giochi dei partiti concorrenti, siamo stati insidiati dalle manovre di un partito che avrebbe dovuto essere un nostro alleato e che invece non ha perso occasione per attaccare noi, il nostro movimento e la figura del nostro leader. Abbiamo ascoltato ogni giorno di questi mesi da parte dell’UdC l’invito a ‘superare Scelta Civica’, a mettere da parte Mario Monti, a unirci ai professionisti della vecchia politica. Attacchi e minacce che sono venute da chi, senza il nostro aiuto, non sarebbe nemmeno entrato in Parlamento.
C’è stato anche chi, al nostro interno, ha fatto da sponda a questi attacchi. Chi ha avuto da Scelta Civica onori e visibilità e che tuttavia non ha perso occasione per disegnare progetti che puntavano e che puntano alla demolizione della nostra casa, magari illudendosi di potersi riunire domani ad un PdL che è sempre lo stesso PdL che conosciamo (…). Dobbiamo dirlo con grande chiarezza: con questo PdL, con questa destra, con queste classi dirigenti non potremo avere una comune prospettiva politica.
Anche per questo è arrivato il momento di sciogliere il patto elettorale con l’UdC: è del tutto evidente che abbiamo un’idea di Paese del tutto diversa da quella che l’UdC sta proponendo. Casini e la leadership UdC hanno sostenuto di voler tornare nel recinto del centrodestra, insieme a Silvio Berlusconi o comunque insieme alla classe dirigente che con Berlusconi ha condiviso il governo dell’Italia per gran parte dell’ultimo ventennio. Legittimo, ma sbagliato. (…)
Da domani Scelta Civica recupera in pieno la propria autonomia politica, la facoltà di decidere del proprio futuro, la propria libertà progettuale. Da domani Scelta Civica torna ad essere Scelta Civica.
Chi è rimasto con Monti conta su una trentina di deputati e otto senatori. Al governo è rimasto solamente il ministro Moavero. Gli esponenti della componente popolare del partito, legata al ministro Mario Mauro e vicina a Casini, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, contano 12 senatori e 20 deputati. Questi ultimi hanno parlato della nascita di un «popolarismo di nuova concezione», un soggetto «concorrente con la sinistra ma degasperianamente alternativo alla destra». La situazione non è però molto chiara. Le ipotesi sembrano essere sostanzialmente due: che i popolari convergano nella nuova formazione di Alfano, Nuovo Centrodestra, o che rilancino un nuovo partito. Nel frattempo, con l’UdC, i popolari usciti da Scelta Civica hanno annunciato per il prossimo 23 novembre la convocazione di un’assemblea pubblica.