Ancora guai con le quote latte
Secondo la Procura di Roma un'agenzia ministeriale avrebbe truccato l'algoritmo che le assegna per «giustificare il dato che aveva determinato le sanzioni»
Oggi, 18 novembre 2013, Luigi Ferrarella scrive sul Corriere della Sera che il gip della Procura di Roma ha negato l’archiviazione di una denuncia di alcuni allevatori di mucche di Milano nei confronti di Agea, l’agenzia ministeriale per le erogazioni in agricoltura. Secondo la magistratura, infatti, Agea avrebbe modificato i criteri dell’algoritmo che assegna le quote latte (cioè i limiti alla produzione di latte pattuiti fra i paesi europei) ai singoli allevatori, aumentando l’età di produzione delle mucche fino a 82 anni. Ferrarella scrive che questo provvedimento avrebbe «gonfiato del 20 per cento il parco bovini da latte italiano», e che il gip crede che la modifica sia avvenuta «per espressa richiesta dei funzionari di Agea, con l’evidente fine di giustificare il dato in eccesso che aveva determinato le sanzioni».
Per quanti anni una mucca produce latte? Chi risponde circa 8 anni, come i bambini sui libri di scuola, è fuori strada. Perché una mucca può fare latte sino a 82 anni. Parola di un algoritmo dei funzionari dell’Agea, l’Agenzia ministeriale per le erogazioni in agricoltura. Solo che ora questo algoritmo, assurdo ma valevole una montagna di soldi visto che in passato ha gonfiato del 20% il parco bovini da latte italiano, trova una embrionale censura per la prima volta in un provvedimento giudiziario: l’ordinanza con la quale un giudice respinge una richiesta di archiviazione formulata da un pm e ordina alla Procura di indagare i funzionari Agea per l’ipotesi di reato di falso in atto pubblico.
La vicenda delle quote latte si trascina dal 1984 con decine di processi per i più svariati filoni in tutta Italia, al costo di 4 miliardi di euro di sanzioni, di cui circa 1,7 miliardi (si stima) a carico della collettività, secondo una prassi censurata dall’Unione europea che equipara alle vietate sovvenzioni statali i casi nei quali siano appunto le casse dello Stato a far fronte alle multe al posto degli allevatori splafonatori. Le quote sono infatti limiti alla produzione di latte che ogni Paese ha negoziato per evitare che un eccesso di offerta penalizzi la remunerazione degli allevatori: se un produttore sfora la sua quota, o ne trova un altro che abbia prodotto meno e sia dunque disposto a comprare il di più del collega, oppure è obbligato a pagare un prelievo supplementare fortemente disincentivante.
Negli anni, tuttavia, questo mondo produttivo (coccolato a lungo dalla Lega) è stato teatro di ogni genere di trucchi, per lo più ormai prescritti perché antecedenti il 2003/2004. Gli allevatori onesti hanno patito la concorrenza sleale di chi produceva in nero; di chi introduceva in Italia latte straniero contrabbandato per nazionale; e anche di chi riassegnava una parte delle quote italiane a produttori fittizi, riducendo così le quote vere per i produttori seri e spingendoli a sforare e ad accumulare multe.
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foto: Lapresse