Le novità su Yulia Tymoshenko
Il Parlamento ucraino ha rinviato la discussione della legge che permetterebbe all'ex primo ministro, oggi in carcere, di farsi curare all'estero (e c'entra la Russia, ovviamente)
Mercoledì 13 novembre il Parlamento ucraino ha deciso di rimandare la discussione sulla legge che dovrebbe portare alla scarcerazione dell’ex primo ministro del paese, Yulia Tymoshenko, in prigione dall’agosto del 2011 con l’accusa di abuso di potere. Tymoshenko, capo del governo del’Ucraina tra dicembre 2007 e marzo 2010 e promotrice dei movimenti di protesta seguiti alle elezioni presidenziali del 2004 (la cosiddetta “rivoluzione arancione”), è da tempo sottoposta a cure mediche per un problema alla colonna vertebrale e ha chiesto, finora senza successo, di essere trasferita in una clinica specialistica di Berlino. La discussione sulla legge in questione era stata annunciata il 17 ottobre scorso dal presidente dell’Ucraina, Viktor Yanukovych, che aveva parlato di rilascio di Tymoshenko solo a “determinate condizioni”.
Il processo a Yulia Tymoshenko iniziò nel giugno 2011 e si concluse l’11 ottobre con una condanna a sette anni di prigione per abuso di potere. La condanna fu poi confermata in appello il 29 agosto 2012, diventando definitiva. Tutto iniziò nel 2009 quando Tymoshenko, a capo del governo, decise di firmare un accordo con la Russia per fissare il prezzo dovuto dall’Ucraina per gli approvvigionamenti di gas naturale russo. L’accordo fu giudicato da molti svantaggioso per gli interessi ucraini e stipulato senza l’accordo del resto del governo. Il 5 agosto 2011, prima della fine del processo, fu decisa la custodia cautelare per Tymoshenko a causa di un comportamento oltraggioso nei confronti del giudice, e Tymoshenko fu trasferita immediatamente nel carcere di Kiev. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno considerato fin da subito la condanna come “politicamente motivata”, mentre il 30 aprile 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso una sentenza sulla detenzione preventiva, giudicandola illegale e arbitraria.
Il passo indietro del parlamento ucraino – controllato in maggioranza dal Partito delle Regioni del presidente Yanukovich – potrebbe creare non pochi problemi al prossimo incontro tra Unione Europea e Ucraina previsto per il 28-29 novembre a Vilnius, in Lituania, durante il quale è fissata la firma del trattato di associazione e libero scambio tra le due parti. L’Europa ha più volte legato la questione della liberazione di Tymoshenko alla firma del trattato di libero scambio. La tensione è aumentata anche perché il parlamento ucraino, oltre a rimandare la legge che permetterebbe la liberazione di Tymoshenko, ha rinviato la discussioni su altri due disegni di legge contenenti iniziative politiche richieste esplicitamente dall’Unione Europea.
Il punto sembra sempre lo stesso che ha dominato le relazioni estere dell’Ucraina in questi ultimi anni: decidere se stare dalla parte dell’Unione Europea o dalla parte della Russia. Secondo il New York Times nelle ultime settimane la Russia ha adottato atteggiamenti sempre più aggressivi per convincere l’Ucraina a rinunciare alla firma dell’accordo di libero scambio con i paesi europei: oltre a condividere profondi legami storici e culturali con gli ucraini, i russi hanno interessi economici specifici nel paese – per esempio la Russia è il principale fornitore di gas naturale dell’Ucraina. Secondo la stampa locale il 13 novembre, durante una riunione di governo, il primo ministro dell’Ucraina, Mykola Azarov, ha detto che la normalizzazione delle relazioni con la Russia è la priorità della nazione.
Le posizioni del governo sono state criticate molto anche dall’opposizione ucraina: Vitali Klitschko, campione di boxe e leader del partito di opposizione Udar, ha accusato l’esecutivo di volere sabotare il processo di avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea. Lo speaker del parlamento ha detto invece che la legge sulla scarcerazione di Tymoshenko non è stata votata perché dovevano essere considerati ancora alcuni emendamenti e completate alcune procedure.
Due mesi fa una vicenda simile aveva riguardato l’Armenia, ex repubblica sovietica, che improvvisamente si era tirata indietro dai colloqui con l’Unione Europea dopo anni di preparazione. La decisione era stata comunicata dal presidente armeno Serzh Sargsyan ed era arrivata dopo un incontro a Mosca con il presidente russo Vladimir Putin: Sargsyan aveva annunciato che l’Armenia sarebbe entrata in una unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan – con vantaggi economici enormemente inferiori rispetto alla possibilità di aumentare gli scambi commerciali con i paesi dell’Unione Europea.
Foto: Manifestazione per la liberazione di Tymoshenko di fronte al parlamento di Kiev, il 13 novembre 2013 (SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)