I profughi siriani in Europa
Sono sempre di più, spesso sono laureati, arrivano nei paesi del Mediterraneo ma sono diretti al nord, dove le politiche di accoglienza sono migliori
Da qualche mese la guerra in Siria coinvolge sempre di più l’Europa – specie i paesi del nord, ma anche l’Italia, la Bulgaria, la Grecia e la Turchia – e non solo per gli sforzi diplomatici per arrivare a un accordo di pace o a un cessate il fuoco. Con l’aumento progressivo del numero di profughi (secondo le Nazioni Unite si parla di oltre 2 milioni di persone) e l’aggravarsi della crisi umanitaria all’interno della Siria, decine di migliaia di siriani stanno cercando di oltrepassare il confine: sbarcano molto spesso sulle coste dell’Europa meridionale, dopo avere attraversato il mar Mediterraneo o il mar Egeo, e poi attraversano tutto il continente, quando ci riescono, fino ad arrivare ai paesi del nord, che tradizionalmente hanno politiche più accoglienti nei confronti dei profughi.
Il viaggio è rischioso e l’esito molto incerto: oltre alla traversata per raggiungere l’Europa, i profughi siriani devono riuscire a superare le postazioni delle guardie di confine e spesso l’unico modo per farlo è corromperne i funzionari. L’elevato costo del viaggio fa sì che ad abbandonare la Siria verso l’Europa siano principalmente i siriani più istruiti, appartenenti alla classe medio-alta del paese (tra l’altro, dicono molti esperti, questo potrebbe condizionare non poco la capacità della Siria di ricostruirsi e formare una nuova classe dirigente, nel caso in cui il regime attuale del presidente Bashar al-Assad dovesse cadere).
I paesi del nord Europa sono le destinazioni più ambite, perché gli incentivi sono molti: la Svezia sta concedendo asilo immediato e permesso di soggiorno a tutti i siriani che si presentano ai confini nazionali; la Norvegia si è impegnata a offrire asilo a 1000 profughi, valutando però caso per caso; la Germania ha assicurato invece che concederà 5mila permessi di soggiorno temporanei. Il risultato di queste politiche è stato il raddoppio nel corso dell’ultimo anno delle richieste di asilo ai paesi dell’Unione Europea da parte di cittadini siriani. Inoltre al nord, specie nei paesi scandinavi, il sistema di welfare offerto agli ottenenti asilo è più che dignitoso, e le pratiche per l’accoglienza sono piuttosto rapide. Nei paesi del sud Europa le difficoltà sono molte di più: come ha spiegato anche Boris Cheshirkov, portavoce dell’agenzia Onu per i rifugiati in Bulgaria, qui spesso i programmi di assistenza non sono nemmeno in grado di offrire i servizi di base.
La Bulgaria, ha spiegato il Wall Street Journal, è diventata per i profughi siriani una specie di “porta d’accesso” verso i più ricchi paesi europei. Nell’ultimo anno sono arrivati qui quasi 10mila migranti, quasi tutti siriani, a cui però non è offerta una prospettiva di vita dignitosa: la Bulgaria è il paese più povero dell’Unione Europea, oltre al fatto che i centri di accoglienza del paese non erano attrezzati per raccogliere un numero così alto di persone, 15 volte superiore alla media annuale. Il governo bulgaro ha promesso di costruire nuovi centri di accoglienza – chiedendo aiuto all’Unione Europea, le sue finanze non gli permettono di fare da solo – ma ha anche detto che rafforzerà le politiche contro l’immigrazione clandestina, tra cui l’adozione di procedure di rimpatrio più veloci per quei migranti senza la documentazione in regola.
Il Wall Street Journal ha raccontato diverse storie di profughi siriani, tra cui quella finita bene di Mohamad Simo, 29enne ingegnere informatico siriano che ha abbandonato da tempo Aleppo. Il viaggio di Simo iniziò quando la casa della sua famiglia fu distrutta e i suoi famigliari costretti a fuggire – Aleppo è la più importante città del nord della Siria, e lì i combattimenti tra ribelli e forze governative vanno avanti ininterrotti da molti mesi. Simo si ritrovò senza un posto dove vivere, e dopo essersi laureato a inizio 2013 pensò di andare in Europa. A febbraio attraversò il mar Egeo, ma la barca piena di immigrati con cui stava viaggiando fu fermata dalla Marina greca, e Simo fu arrestato e portato in prigione. Ne uscì con un ordine di espulsione di 30 giorni, che non rispettò: si fermò ad Atene per due mesi, e poi si decise a pagare dei contrabbandieri per ottenere un passaporto falso che sperava gli avrebbe permesso di imbarcarsi su un volo per la Svezia. Simo però non riuscì a superare i controlli, almeno quella volta. Al quinto tentativo, con un passaporto belga, si imbarcò per Malmö, in Svezia: una volta arrivato andò all’ufficio immigrazione e chiese asilo. Due settimane dopo la Svezia annunciò di voler concedere la residenza permanente a tutti i rifugiati siriani che arrivavano in territorio svedese: da allora Simo vive lì, e non ha alcuna intenzione di tornare in Siria.
Negli ultimi mesi anche l’Italia è rimasta coinvolta sempre di più dai flussi di immigrazione di profughi siriani. Come ha spiegato Raffaella Cosentino su Repubblica, l’Italia è però considerato un paese di passaggio, un po’ come la Libia. Cosentino scrive:
«Ma più spesso sono vittime di un business criminale che coinvolge italiani e migranti. “I profughi arrivano alla stazione centrale di Milano e sono avvicinati e derubati da nordafricani che li truffano per comprare i biglietti del treno e il cibo”, racconta Shadi Fahle, milanese di origini siriane che cura il gruppo Facebook “Informare per davvero”. “Un viaggio in macchina da Milano alla Germania viene fatto pagare 1500 euro per gli adulti e 700 euro per i bambini”, aggiunge. La speculazione sul dramma di chi ha perso tutto inizia nelle aree di sbarco. A Siracusa un tassista, S., racconta che i suoi colleghi prendono centinaia di euro per una corsa in taxi dal centro di accoglienza ex Umberto I alla stazione, oppure che truffano i profughi sul cambio dei soldi da dollari in euro».