152 soldati condannati a morte in Bangladesh
Parteciparono a un grande ammutinamento nel 2009, in cui furono uccise 74 persone
Martedì 5 novembre un tribunale di Dacca, capitale del Bangladesh, ha condannato a morte 152 soldati di confine per un episodio di ammutinamento di massa risalente al 2009. Tra il 25 e il 26 febbraio un gruppo molto numeroso di guardie di confine bengalesi assaltò il suo quartier generale a Dacca: gli ammutinati uccisero diversi ufficiali dell’esercito – tra cui il capo delle guardie di confine, il generale Shakil Ahmed – spararono contro alcuni civili e tennero altri militari in ostaggio per ore. Durante il secondo giorno di ammutinamento i disordini iniziarono a diffondersi in altre 12 città del paese, facendo pensare a una minaccia diretta per il governo del primo ministro, Sheikh Hasina, che era stato eletto da appena un mese.
Dopo una serie di trattative e discussioni con il governo centrale, gli ammutinati furono arrestati e gli ostaggi liberati. Durante l’assalto, durato una trentina di ore, furono uccise 74 persone: tra queste ci furono diversi ufficiali di alto rango dell’esercito, che tra le altre cose furono torturati e bruciati vivi prima che i loro corpi fossero ammassati nelle fogne. Dell’omicidio di massa e delle torture sono stati accusati 823 soldati, già riconosciuti colpevoli dai tribunali militari bengalesi.
Martedì 157 soldati sono stati condannati all’ergastolo, altri 200 dovranno passare 14 anni in carcere per la loro partecipazione all’ammutinamento, e altri 271 sono stati assolti, in quello che il pubblico ministero Baharul Islam ha definito come il caso più grande di questo tipo mai affrontato da un tribunale in tutto il mondo: il processo è iniziato infatti nel gennaio 2011 e durante le diverse udienze sono stati sentiti 654 di testimoni. Le cause dell’ammutinamento non sono state chiarite del tutto durante il processo, ha scritto Al Jazeera: sembra comunque che le scarse condizioni lavorative delle guardie di confine e la loro diffidenza nei confronti di alcuni dei più alti ufficiali – la maggior parte dei quali proveniva da corpi militari esterni – siano stati due fattori centrali nella rivolta.
Il dispiegamento di forze di sicurezza attorno al tribunale in cui sono state lette le sentenze è stato massiccio. Il vicecapo della polizia di Dacca, Harunur Rashid, ha detto all’agenzia AFP che circa 200 poliziotti e membri del corpo d’élite Rapid Action Battalion (RAB) hanno vigilato sul mantenimento dell’ordine pubblico fuori dall’edificio. In passato alcuni gruppi che si occupano della difesa dei diritti umani avevano criticato molto le modalità con cui si è svolto il processo di massa, dicendo che non era il modo migliore per fare giustizia. La scorsa settimana l’organizzazione Human Rights Watch ha detto che almeno 47 sospetti sono morti in carcere, mentre molti altri hanno avuto parecchie difficoltà a incontrarsi regolarmente con gli avvocati. Il governo del Bangladesh ha respinto le accuse.