I Boston Red Sox e Fenway Park
Nelle prossime ore Boston saprà se vincerà le sue prime finali del baseball in 95 anni nel proprio stadio, il più famoso e celebrato degli Stati Uniti
I prossimi due giorni, a Boston, saranno giorni particolari, di estese eccitazione e tensione. Sono due giorni che vengono da lontano, da un secolo fa: i due giorni in cui si giocano le partite decisive (o la partita decisiva, se Boston vincesse la prima) delle finali del campionato di baseball, le World Series, il successo più ambito dai tifosi sportivi degli Stati Uniti insieme al Superbowl di football. Si chiamano “le finali” perchè le due squadre finaliste giocano a chi vince per prima quattro partite – che quindi al massimo sono sette -, e in inglese una series è appunto la serie completa delle partite tra due squadre.
Quest’anno le squadre finaliste sono i Cardinals di Saint Louis – che hanno vinto già due anni fa, nel 2011 – e i Red Sox di Boston, una delle squadre più antiche e amate del campionato, residente in una delle città più illustri e orgogliose del paese. Soltanto che, e qui la storia ricomincia da un secolo fa, questa città e questa squadra hanno vissuto un periodo difficile. Dopo essere stata la squadra più titolata all’inizio del secolo scorso, quando nacque il campionato dell’American League e Boston vinse cinque World Series, i suoi successi si interruppero dal 1918 per ben 86 anni, un periodo di sfortune e depressione sportive che divenne leggendario nel baseball americano: noto anche come “La maledizione del Bambino” perché attribuito superstiziosamente alla decisione di vendere il grandissimo campione Babe Ruth (detto Bambino) alla squadra rivale dei New York Yankees, nel 1919 (gli Yankess invece cominciarono a vincere e non smisero più, diventando la squadra di maggior successo di sempre, e i loro tifosi scandivano “1918!” alle partite contro Boston).
Ma dopo 86 anni, incredibilmente, nel 2004 Boston vinse le World Series proprio contro i Cardinals di Saint Louis contro cui gioca di nuovo quest’anno (e dopo aver battuto gli Yankees). Fu un evento sportivo e popolare memorabile e commentato e dibattuto con meraviglia ed eccitazione in tutti gli Stati Uniti (nel resto del mondo, la straordinarietà dell’evento è stata citata nella serie Lost e nel film “L’amore in gioco”, adattamento americano del romanzo “Febbre a 90°” di Nick Hornby).
Tanto era esclusa una vittoria di Boston che la sceneggiatura di “L’amore in gioco” – in cui il tifo sportivo è centrale nella trama e che prevedeva scene girate durante il campionato del 2004 – prevedeva la sconfitta dei Red Sox e dovette essere cambiata.
Qualche anno dopo anche la serie televisiva Lost usò l’implausibilità di una vittoria dei Red Sox nella sua trama.
La “fine della maledizione” fu sancita da una nuova vittoria nel 2007: entrambe le volte, la partita conclusiva e decisiva Boston la vinse fuori casa (a Saint Louis prima e a Denver poi). E se da sei anni Boston si sente quindi solidamente fuori dalla maledizione e dal complesso dei perdenti, quello che non è ancora successo in 95 anni, dall’11 settembre 1918, è che i Red Sox vincano le World Series nel loro stadio, che è un’istituzione: Fenway Park, nel centro della città, luogo adorato da tutti i tifosi dei Red Sox che vi cantano ritualmente Sweet Caroline di Neil Diamond, inno della squadra. Ha compiuto un secolo l’anno scorso ed è il più antico stadio di baseball della Major League, familiare in mezzo mondo.
Lunedì i Red Sox hanno battuto i Cardinals nella quinta partita, giocata a Saint Louis, portandosi avanti per tre vittorie a due: le due partite rimanenti (o una) si giocheranno a Boston mercoledì e giovedì. L’eventuale vittoria di Boston, tra l’altro, sarebbe il primo evento pubblico di scomposte e gioiose celebrazioni dopo l’attentato avvenuto durante un altro evento solitamente gioioso, la maratona cittadina della città, il 15 aprile 2013. Chi vincerà, comunque, vincerà a Fenway Park: se vincerà Boston, vincerà a Fenway Park dopo 95 anni (l’ultima volta che è successo mandavano gli aggiornamenti sul risultato con i piccioni viaggiatori, ha ricordato il Wall Street Journal). Se perderà, sarà uno psicodramma cittadino, ma niente al confronto di quello da cui sono usciti nel 2004.