La condanna confermata per Bo Xilai
Un tribunale cinese ha confermato in appello l'ergastolo per l'ex politico cinese espulso dal Partito Comunista per corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere
Un tribunale cinese ha confermato in appello la condanna all’ergastolo di Bo Xilai, l’ex segretario del Partito Comunista nella municipalità di Chongqing condannato lo scorso settembre per corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere. Il suo processo era stato seguito dalla stampa di tutto il mondo, sia per la rilevanza politica di Bo Xilai sia perché la vicenda – molto complicata – è stata definita uno dei maggiori scandali della Cina dalla fine del maoismo.
Secondo l’alta corte di Shandong, la provincia dove era stato celebrato il processo di primo grado, “i fatti che hanno portato alla prima sentenza sono chiari, le prove sono affidabili e sufficienti e la sentenza è stata appropriata”. Il tribunale ha quindi respinto l’appello confermando la sentenza di primo grado, ricordando che la decisione è definitiva. La decisione sembra sia stata assunta rapidamente dai giudici, e comunicata a Bo dopo meno di un’ora dal suo arrivo in tribunale.
Bo Xilai potrebbe fare ricorso presso la Suprema Corte del Popolo di Pechino, ma l’esito di una simile iniziativa appare già scontato: è rarissimo che la Suprema Corte accetti ricorsi per casi giudiziari di questo tipo e che disponga un nuovo processo. Del resto, l’esito dell’appello era dato per scontato dai principali osservatori: i tribunali sono sotto la stretta influenza del Partito Comunista cinese, dal quale Bo è stato espulso lo scorso anno proprio per le sue vicende giudiziarie.
I problemi di Bo Xilai sono iniziati nel febbraio 2012 quando Wang Lijun, ex capo della polizia di Chongqing e suo ex braccio destro, ha consegnato ai vertici di Pechino un dossier con le prove delle presunte azioni criminose di Bo, compreso il legame tra la famiglia di Bo Xilai e Neil Heywood, un cittadino britannico che lavorava in Cina come consulente e che era stato trovato morto in un albergo di Chongqing (dove Bo Xilai era segretario locale del partito). Il 10 aprile del 2012 la moglie di Bo Xilai, Gu Kailai, era stata accusata di aver ucciso Heywood: il movente sarebbe stato un conflitto su interessi economici.
Il processo a carico di Gu Kailai si era concluso con una sentenza di condanna a morte, ma la pena era stata accompagnata da una sospensione di due anni e sarà probabilmente commutata in una condanna di carcere a vita. Le accuse di omicidio contro Gu Kailai avevano coinvolto anche Bo, che era stato espulso dal partito comunista cinese il 28 settembre 2012.
Secondo alcuni osservatori internazionali, il processo nei confronti di Bo Xilai è stato un atto politico da parte dei vertici del partito: Bo era espressione dell’ala più conservatrice del PCC e la sua vicenda ha rappresentato uno dei momenti più intensi delle lotte interne tra i massimi dirigenti. Molte cose sono comunque rimaste poco chiare, nonostante il tribunale abbia deciso di rendere pubblici molti documenti del procedimento. Il cadavere di Neil Heywood, ad esempio, è stato cremato prima che venisse accertato definitivamente che la causa della sua morte era un avvelenamento da cianuro, come diceva l’accusa, e uno dei medici forensi che si era occupata del caso si era dimessa poco prima del processo perché contraria alla gestione delle procedure.