Le idee dei candidati a segretario del PD

Gli incipit e il testo integrale delle mozioni di Cuperlo, Renzi, Pittella e Civati

©Andrea D’ErricoLaPresse
11-04-2008
Interni
Roma – Piazza del Popolo
Chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico
nella foto: bandiera

©Andrea D’ErricoLaPresse
11-04-2008
Interni
Roma – Piazza del Popolo
Chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico
nella foto: bandiera

Lunedì 21 ottobre sono stati diffusi online i testi dei documenti congressuali presentati dai quattro candidati alla segreteria nazionale del Partito democratico, in vista delle primarie del prossimo 8 dicembre: quelli di Gianni Cuperlo, Matteo Renzi, Gianni Pittella e Pippo Civati (in ordine di sorteggio). Come da regolamento, era previsto che entro ieri venissero presentati i testi che contengono le «linee politico-programmatiche» di ciascun candidato, le cosiddette “mozioni”, cioè i programmi e le idee sul partito e il paese in base ai quali si orienterà il voto degli elettori e delle elettrici.

Le mozioni saranno presentate e votate entro il prossimo 24 novembre durante le Convenzioni provinciali: i risultati verranno comunicati ufficialmente durante la Convenzione Nazionale del 24 novembre. Solo i tre candidati «che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti purché abbiano ottenuto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome» potranno superare la seconda fase della candidatura e presentarsi alle primarie dell’8 dicembre.

«Per la rivoluzione della dignità» di Gianni Cuperlo

Il Partito democratico può guidare la riscossa civile, economica e morale del Paese. Riusciremo a farlo se avremo coraggio e passione per cambiare tutto ciò che oggi è da cambiare: nella politica, nello Stato, nelle responsabilità dei singoli, nelle logiche del mercato, in élite arroccate a difesa di poteri immobili e conservatori, se non opachi. A noi tocca portare al centro il valore della persona, dell’uguaglianza, del senso di comunità. Il PD deve mettersi a servizio di una rivoluzione della dignità. L’Italia, provata dalla crisi più drammatica dell’intera storia repubblicana, ritroverà la fiducia solo in un nuovo patto di cittadinanza fondato su libertà e giustizia sociale, sulla legalità, sulla coscienza di sé come nazione unita. La nostra società tornerà a crescere se contrasterà disuguaglianze immorali e se partirà dalla sfera dei diritti indivisibili – umani, sociali, civili – e dalla dignità di ciascuno per ridisegnare economia, scienza, cultura, il bene comune.

(Continua a leggere il documento di Gianni Cuperlo)

«Cambiare verso» di Matteo Renzi

La fotografia di queste ore ci consegna l’immagine di un’Italia stanca, impaurita, rassegnata. Sembra che il nostro tempo migliore sia alle spalle e che cambiare sia uno sforzo più impossibile che difficile. Non è così. Chi crede nella politica, nel valore e nella dignità della politica, sa che non è così, non può essere così. Ci meritiamo di più. E tocca a noi cambiare verso. Dobbiamo affrontare la paura con il coraggio, la stanchezza con l’entusiasmo, la rassegnazione con la tenacia. E dobbiamo sapere che la crisi che stiamo vivendo, crisi economica, finanziaria, occupazionale, certo, ma anche crisi di un modello di valori che va finalmente cambiato, è la più grande opportunità che noi abbiamo per restituire il futuro all’Italia. Questa crisi non va sprecata, noi non vogliamo sprecarla. È una crisi destinata a cambiare il senso di parole come benessere, lavoro, appartenenza. La sinistra vince solo quando costruisce il futuro, non quando si chiude sul presente. Nel 2013 il centrosinistra ha perso l’occasione più straordinaria per iniziare a cambiarel’Italia, perdendo elezioni politiche che sembravano già vinte.

(Continua a leggere il documento di Matteo Renzi)

«Il futuro che vale. Per un partito democratico, solidale, europeo» di Gianni Pittella

Sono almeno 25 anni che il nostro Paese si è sostanzialmente fermato e seduto. Ma tutto questo non dipende solo da noi, è evidente. Ma certo noi non abbiamo fatto abbastanza per evitare di fermarci e sederci. Ci è mancata l’intenzione della condivisione e della responsabilità collettiva. Di fronte ad un destino che si disegna in comune abbiamo spesso guardato ai fondamentalismi di quartiere, dove l’importante non è vincere, ma impedire all’altro di vincere, anche di fonte alla distruzione. Gli storici del futuro – afferma Roberto Orsi, uno dei tanti studiosi italiani emigrati a Londra – probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che èriuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate ‘terzomondializzazione’, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale”. Dobbiamo  lottare per sconfiggere questa previsione. Dobbiamo infatti essere consapevoli che un’epoca è nella sua fase terminale e un nuovo tempo si sta affacciando. Sta finendo l’epoca dello sviluppo e dello sfruttamento infiniti della natura; della ricerca del particolare e della  perdita del totale; l’epoca delle certezze e delle sicurezze sempre cercate, sempre credute, ma mai trovate.

(Continua a leggere il documento di Gianni Pittella)

«Dalla delusione alla speranza. Le cose cambiano, cambiandole» di Giuseppe Civati

Cara elettrice, caro elettore,

il manifesto che stai iniziando a leggere è dedicato a te e a te immediatamente rivolto, perché troppo spesso le decisioni sono state prese senza consultarti, senza coinvolgerti, senza riconoscere l’essenziale protagonismo e la sovranità che ti appartiene. Nelle pagine che seguiranno, la novità è a sinistra, nel pluralismo, nel riconoscimento dei diritti, nell’apertura alla cittadinanza, nella voglia di cambiare insieme perché solo insieme, con un grande progetto, possiamo farlo, nella cultura della possibilità e dell’alternativa di governo, nel superamento di quella «questione maschile» che ancora dobbiamo affrontare per cambiare punto di vista, modi e parole, nella creatività e nella curiosità, nella conoscenza e nell’apertura di senso che sole ci possono davvero salvare. Troppo spesso l’abbiamo inseguita fuori di noi, questa novità, trascurando le cose in cui crediamo, la passione politica che sola può consentirci di cambiare. La cultura delle possibilità, mentre continuiamo a ripeterci che non ci sono alternative. Mentre l’alternativa siamo noi. E siamo noi a dover aprire una discussione libera e aperta, alla pari e alla luce del sole. Non un dibattito che si chiude, in queste righe, ma un confronto che finalmente si apre.

(Continua a leggere il documento di Giuseppe Civati)