Che si dice dell’accordo sullo shutdown
Su alcune cose sono d'accordo tutti: Obama ha vinto, i repubblicani hanno perso, la politica americana non ci ha fatto una bella figura
Mercoledì 16 ottobre negli Stati Uniti è stato raggiunto un accordo tra democratici e repubblicani al Senato per interrompere lo shutdown, la chiusura di buona parte delle attività governative dovuta alla mancata approvazione della legge finanziaria, che era cominciato il 1 ottobre. Sarà anche alzato il limite massimo del debito americano, una questione che era arrivata molto vicina alla scadenza indicata come critica dal dipartimento del Tesoro e che avrebbe reso molto più difficile finanziarsi per il governo degli Stati Uniti. Le due diverse questioni si erano legate nei giorni scorsi nelle intense trattative politiche tra le due parti.
Ci sono cose principali da notare sull’accordo: la prima è che le trattative complicate, e il fatto che si sia arrivati allo shutdown e sull’orlo di seri problemi per il Tesoro, hanno mostrato ancora una volta le difficoltà nel dialogo tra repubblicani (che controllano la Camera dei rappresentanti con 232 seggi a 200) e democratici. Dall’elezione di Obama, i repubblicani hanno di fatto impedito l’approvazione di leggi finanziarie che avessero una scadenza superiore a pochi mesi, utilizzando ogni occasione per cercare di portare avanti battaglie politiche come quella contro la riforma sanitaria. Anche l’accordo raggiunto ieri fa guadagnare solo qualche mese: il Tesoro potrà continuare a chiedere soldi fino al 7 febbraio e il governo ha i fondi garantiti fino al 15 gennaio. Harry Reid, leader dei democratici al Senato, ha detto con ottimismo che lo “storico” accordo di ieri darà il tempo per trattare un piano economico più complessivo.
Ma l’altra cosa su cui tutti i principali osservatori politici sono d’accordo è che ieri i repubblicani hanno perso. Qualche titolo: “I repubblicani hanno chiuso il governo per niente“, sull’Atlantic; “Perdere molto per ottenere poco”, come titola un editoriale del New York Times, “I conservatori alla Camera davanti alla sconfitta”, come scrive il Washington Post, o più sinteticamente “Obama Wins“, un commento su Slate firmato da John Dickerson, che spiega come la linea del presidente di tener duro e non scendere a patti con i repubblicani ha pagato. “Con minuscole concessioni”, scrive Dickerson, “il Partito Repubblicano ha raggiunto il più basso tasso di gradimento da quando esistono misurazioni, la riforma sanitaria del presidente è rimasta incolume e la guerra civile dei repubblicani sta ancora infuriando.” Obama è al secondo mandato, non può essere rieletto e quindi ha deciso di rischiare di più facendo meno compromessi.
Nel frattempo, i repubblicani sono spaccati tra la loro ala più moderata e quella più intransigente, che avrebbe voluto tener duro nonostante lo shutdown e i rischi per il debito: ieri, mentre veniva annunciato l’accordo, il senatore texano Ted Cruz vicino ai Tea Party ha attaccato i leader dei repubblicani per aver ceduto, annunciando comunque di non volere bloccare l’accordo. Ma nel complesso hanno sbagliato strategia, scegliendo di proporre un nuovo finanziamento al governo per finire lo shutdown in cambio di molti meno soldi per la riforma sanitaria. Questo baratto si è rivelato molto impopolare tra la stessa opinione pubblica americana e alla fine i repubblicani hanno dovuto cedere su tutta la linea (e il sostegno alla riforma sanitaria è addirittura aumentato tra gli americani, dicono i sondaggi).
L’economista Paul Krugman, quando sono cominciati ad emergere i dettagli del piano lunedì scorso, aveva descritto sul suo blog la strategia dei repubblicani con un breve video tratto da un film di Monty Phyton: una ritirata disordinata.
Il New York Times spiega:
I repubblicani avevano il pubblico dalla loro su altre questioni che potevano portare davanti al tribunale dell’opinione pubblica, come la necessità di mettere sotto controllo il debito a lungo termine della nazione. E anche se, lo scorso mese, avevano cominciato i negoziati con grandi vantaggi – un presidente sulla difensiva a causa di una risposta incerta sulla guerra in Siria e la disponibilità dei democratici a finanziare il governo a livelli che, secondo molti liberal, erano davvero molto bassi – la loro fissazione sulla riforma sanitaria ha totalmente impedito loro di usare il loro potere contrattuale.
Se è chiaro chi ha vinto e chi ha perso nell’ultima trattativa, resta difficile fare previsioni sul futuro e ci sono diversi motivi per restare preoccupati. Lo scontro politico è stato uno dei più duri degli ultimi anni e questo clima di scontro frontale potrebbe rendere ancora più difficile per Obama approvare nuove leggi su temi come l’immigrazione, il controllo delle armi o le norme ambientali, su cui l’opposizione dei repubblicani è chiara.
Oltre a questo, c’è un altro problema che è difficile mettere da parte: la classe politica americana nel suo complesso, che già gode di percentuali di fiducia molto basse nell’opinione pubblica, ha dato un’altra brutta prova di sé. Già nel 2011 c’era stata un’altra battaglia tra democratici e repubblicani che era finita a un passo dallo shutdown e due anni dopo, come scrive Derek Thompson sull’Atlantic, la politica americana si è ripetuta come se non avesse imparato nulla dal passato.
Foto: JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images