Il G20 è rotto?
Secondo molti protagonisti, il gruppo dei paesi più industrializzati sembra non trovare più soluzioni per i problemi dell'economia mondiale
La scorsa settimana i rappresentanti del G20, il gruppo dei paesi più industrializzati del mondo, si sono incontrati a Washington negli Stati Uniti per una serie di riunioni sull’economia e per discutere le possibili conseguenze dello “shutdown”, la chiusura parziale delle attività governative statunitensi a causa della mancata approvazione della nuova finanziaria. Gli incontri sono stati ancora una volta piuttosto inconcludenti, a dimostrazione di quanto il G20 abbia perso la capacità di essere incisivo e influente per l’economia mondiale come lo era stato tra il 2008 e il 2009 nel momento di massima crisi economica.
Come spiega un’analisi dell’agenzia di stampa Reuters, è sempre più difficile fare raggiungere risultati concreti al G20. In mancanza di un singolo grande obiettivo da raggiungere, come il salvataggio dell’economia globale, l’organizzazione non riesce a trovare nuovi grandi temi su cui confrontarsi e finisce per perdersi in infiniti dibattiti e discussioni su decine di argomenti di piccola portata. La lista dei temi affrontati dal G20 si è ingrandita anno dopo anno e comprende ormai cose molto diverse tra loro e spesso generiche, dalle politiche per affrontare il cambiamento climatico alla disoccupazione giovanile passando per la sicurezza degli alimenti. In un certo senso, il G20 sta diventando una specie di Nazioni Unite in miniatura, con tutti i difetti dell’ONU, a partire dall’incapacità di arrivare in tempi brevi a soluzioni concrete.
Secondo Martin Parkinson, ministro del Tesoro dell’Australia (paese che organizzerà le riunioni del G20 nel 2014) “è successo che gli obiettivi del G20 sono diventati confusi” e si è perso di vista lo scopo principale del gruppo, cioè quello di stabilizzare e rendere più forte l’economia globale per evitare un nuovo periodo di crisi, o per evitare l’aggravamento della situazione economica nei paesi che ancora non si sono ripresi dagli effetti della crisi stessa.
Il G20 ha davanti a sé grandi problemi, che però non riesce ad affrontare incisivamente. Tra questi ci sono le disuguaglianze nei sistemi economici, con la Cina che continua a fare grande affidamento sulle proprie esportazioni e gli Stati Uniti che dipendono troppo dalle importazioni. Questo meccanismo produce flussi di denaro fuori controllo che possono portare alla formazione di nuove speculazioni e bolle economiche pericolose per la stabilità dell’economia su scala globale. I principali paesi industrializzati devono inoltre fare i conti con la coda dello scoppio della bolla del mercato immobiliare statunitense, e naturalmente con i paesi che in Europa adottano l’euro e che sono ancora in acque poco tranquille, come Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia.
Parkinson ha detto a Reuters di volere rivedere l’agenda del G20 per ridurla, renderla più omogenea e orientata verso cose più concrete. L’organizzazione diede il meglio nel periodo di forte stress tra il 2008 e il 2009, quando occorreva arginare la profonda crisi economica mondiale. L’emergenza portò i leader del gruppo a concentrarsi su pochi temi essenziali, approvando regole e soluzioni in tempi brevi. Passato il picco dell’emergenza le cose sono cambiate, ogni paese ha iniziato a pensare più che mai ai propri interessi ed è diventato complicato far passare e mettere in pratica nuove decisioni.
Il G20 non funziona bene anche a causa del suo costante ingrandirsi. A ogni tavolo delle trattative partecipano decine di rappresentanti, da paesi molto diversi tra loro e con interessi che raramente coincidono. E ognuno spinge per aggiungere all’agenda del G20 i propri temi, con la conseguente perdita di concentrazione su pochi e chiari punti da perseguire. Gli stati che partecipano al G20 sono Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sudafrica e Turchia cui si aggiunge una rappresentanza dell’Unione Europea. Venti in tutto, quindi, cui si aggiungono osservatori esterni di molti altri paesi.
Gli analisti sono scettici sulla possibilità che il G20 possa riformarsi in tempi brevi, nonostante l’impegno dell’Australia a rivederne il meccanismo durante il prossimo anno di presidenza dell’organizzazione. Il G20 esiste dal 1999 ed era nato come una serie di incontri periodici tra i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali, con l’obiettivo di facilitare la comunicazione e l’organizzazione delle politiche economiche tra i paesi avanzati e quelli emergenti. In seguito alla crisi economica, dal 2008 agli incontri più importanti del G20 partecipano direttamente i capi di stato dei paesi che vi aderiscono.