L’autunno degli ombrelli
Foto da tutto il mondo dei sintomi più vistosi che la nuova stagione è arrivata (e che l'innovazione tecnologica ha dei vuoti)
È un tema interessante, per le discussioni sulle accelerazioni dell’innovazione tecnologica, quello degli ombrelli. Per quanto raddoppiamo o moltiplichiamo le capienze di chip e processori, poi ogni anno arrivano gli immutabili cambiamenti di stagione – immutabili fino a un certo punto, come si sa: ma se guardate fuori, è un autunno a forma di autunno – e tutto quello a cui abbiamo saputo ricorrere per secoli sono gli immutabili ombrelli. Ancora oggi. Dalla pioggia, nell’ottobre 2013, dopo 22 giorni di autunno, ci si ripara con gli ombrelli. Non abbiamo inventato nient’altro, a nessun capo del mondo. Eppure, i margini di business e praticità ci sarebbero, a chi rivoluzionasse questo settore come ne sono stati rivoluzionati molti altri negli ultimi anni (fino a un certo punto, i social network che ci legavano ai computer a casa in effetti potevano essere letti come un fattore di riduzione del bagnarsi: ma poi è dilagato il mobile, e siamo daccapo; anzi, l’uso dello smartphone, sotto la pioggia, coi goccioloni sul display e con l’ombrello in una mano, imporrebbe ulteriori sforzi di innovazione).
Se ci pensate, è anomalo che ancora non abbiamo inventato niente di più moderno ed efficiente: una tecnologia che non ci faccia bagnare sotto la pioggia, e al tempo stesso non si dimentichi sempre in giro, non si conficchi negli occhi dei passanti, non si rompa continuamente (e dia lavoro agli ambulanti, già, ci sarebbe quel problema lì). E pensate i dibattiti, poi: sulla fine dell’ombrello, sulla fine del bagnarsi, sulla vita reale, quella con l’ombrello, opposta all’alienata vita di chi ormai non percepisce più la pioggia grazie allo iRain o come diavolo si chiamerà. Niente da fare, per ora ombrelli, i soliti vecchi ombrelli, i soliti preziosi e dannati ombrelli. In ogni angolo del mondo: e poi – diremo quel giorno – che belli erano gli ombrelli, vi ricordate?