Otto canzoni di Édith Piaf
Che morì cinquant'anni fa, dopo aver scritto e cantato la canzone francese più famosa di sempre, e altre meraviglie
L’11 ottobre del 1963 venne annunciata la morte di Édith Piaf, avvenuta il giorno prima per un cancro al fegato: aveva solo 47 anni, ed era diventata – e sarebbe rimasta – la cantante francese più famosa nel mondo, e la cantante della canzone francese più famosa di sempre, La vie en rose (di cui era coautrice). È passato un sacco di tempo, ma questi due primati restano, e in Francia Édith Piaf è un’istituzione nazionale. Dopo tutto questo tempo, invece, nel resto del mondo sono conosciute pochissime delle sue cose, anche quelle più famose e quelle che a risentirne il motivo ci si batte la fronte e si dice “ma va’? questa è di Édith Piaf?”. Qualche anno fa Luca Sofri, il peraltro direttore del Post, ne raccolse una lista per Vanity Fair, che riprendiamo qui, per farvi battere la fronte, e canticchiare.
Non, je ne regrette rien
(Musica di Charles Dumont, parole di Michel Vaucaire, 1956. La versione di Piaf è del 1960)
Un andamento marziale e un tripudio di erre arrotate per una versione ante litteram di “My way” che divenne una specie di inno della Legione Straniera: riparto da zero, ma non rimpiango niente.
Milord
(Musica di Marguerite Monnot, parole di Georges Moustaki, 1959)
Storia di marciapiede, e di un “Milord” da rimettere di buonumore dopo una catastrofe sentimentale. La scrisse Georges Moustaki.
La vie en rose
(Musica di Louiguy, parole di Edith Piaf, 1945)
“Quando mi prendi tra le braccia, e mi parli piano…”. Quelli più giovani la scoprirono nella versione dance di Grace Jones, con rispetto parlando.
Hymne à l’amour
(Musica di Marguerite Monnot, parole di Edith Piaf, 1950)
“Si tu m’aime…”. Roba da squarciare i cieli, inondare i cuori, gonfiare gli occhi, struggere i cinici. Lui era il pugile Marcel Cerdan, morto in un incidente aereo mentre volava da lei.
Mon manège a moi
(Edith Piaf, 1958)
“Tu mi fai girar la testa…”
Les amants d’un jour
(Edit Piaf, 1956)
È quella che da noi divenne, altrettanto bella, “Albergo a ore” di Herbert Pagani.
L’accordéoniste
(Musica di Michel Emer, parole di Edith Piaf, 1940)
Valzer, e lei che se ne vola dove fa “a lui rentre dan la peau”, come se le dita del suonatore di fisarmonica le entrassero davvero nella carne. Lui però non tornerà.
Mon Dieu
(Musica di Charles Dumont, parole di Edith Piaf, 1960)
Preghiera al signore, che le lasci il suo amore ancora un giorno, due… otto!