Cosa dice la legge contro il femminicidio
È stata approvata definitivamente col voto del Senato e dentro ci sono molte cose che hanno fatto discutere
Il Senato ha approvato il decreto legge contro il femminicidio, con 143 voti a favore e tre contrari. Il decreto era già passato due giorni fa alla Camera dei Deputati ed è diventato dunque legge. Era stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 8 agosto e il Parlamento aveva tempo per convertirlo in legge fino al 14 ottobre. Il procedimento è stato piuttosto complicato e più volte a rischio, soprattutto a causa dell’elevato numero di emendamenti – 414 – presentati alla Camera, e al conseguente ritardo con cui è arrivato in Senato: per questo motivo i senatori hanno deciso di confermare il testo approvato dalla Camera senza apportare ulteriori modifiche.
Il testo della legge – «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province» – è diviso in quattro parti. Solo la prima si occupa di femminicidio (con cinque articoli su undici) mentre le altre contengono norme che con il femminicidio non hanno nulla a che fare: norme in materia di sicurezza per lo sviluppo, di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, per la prevenzione e il contrasto di fenomeni di particolare allarme sociale, norme in tema di protezione civile e di commissariamento delle Province.
Le nuove norme contro il femminicidio si basano soprattutto sull’inasprimento delle pene e delle misure cautelari. È stato introdotto l’arresto in flagranza obbligatorio per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking. La polizia giudiziaria potrà, su autorizzazione del pm, disporre l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Gli aggressori allontanati dalla casa familiare potranno essere controllati attraverso un braccialetto elettronico e dispositivi simili, e in caso di stalking potranno essere disposte anche le intercettazioni telefoniche. Rispetto al decreto legge, il nuovo testo prevede l’inasprimento delle pene quando la violenza è commessa contro una persona con cui si ha una relazione, e non soltanto se si convive o si ha un vincolo (recesso o meno) di matrimonio. Le aggravanti sono previste anche quando i maltrattamenti avvengono in presenza di minori e contro le donne incinte.
La legge non consente le segnalazioni anonime, ma mantiene segreta l’identità di chi le fa. Stabilisce inoltre che la persona che ha subito i maltrattamenti possa fare la denuncia e raccontare la sua testimonianza in modalità protetta, cioè senza la presenza del compagno. È stato risolto con una via di mezzo anche uno dei punti più controversi del decreto, che riguardava la possibilità di revocare o meno la querela. D’ora in poi la querela sarà irrevocabile per le minacce più gravi, tra cui quelle in cui sono coinvolte le armi, mentre potrà essere revocata nei casi di stalking più leggeri. La remissione sarà comunque decisa in tribunale davanti all’autorità giudiziaria. L’irrevocabilità era stata decisa così da proteggere le donne da eventuali intimidazioni successive alla denuncia: molti sottolineano che la misura potrebbe trattenere ancora di più le donne dal denunciare i maltrattamenti, altri invece sostengono che la misura in modo “paternalista” non tiene conto a sufficienza della libertà di scelta delle donne.
La legge prevede anche lo stanziamento di 10 milioni di euro – anche la modesta entità di questa cifra è stata criticata – per un piano anti-violenza che verrà elaborato dal ministero per le Pari opportunità, e che avrà come obiettivo l’informazione e la prevenzione della violenza contro le donne, la promozione dell’uguaglianza di genere nelle scuole; la sensibilizzazione della stampa su come trattare l’argomento; la formazione di operatori in grado di aiutare le persone che hanno subito stalking e maltrattamento e il recupero degli autori delle violenze. I fondi saranno anche usati per raccogliere e aggiornare a livello annuale dati sul fenomeno e istituire una “task force” per affrontarlo a livello statale e locale. Verranno stanziate risorse anche per rafforzare i centri anti-violenza e le case-rifugio: si parla di 10 milioni di euro per il 2013, sette per il 2014 e dieci a partire dal 2015.
La legge prevede anche che le donne immigrate che subiscono violenza e maltrattamenti in ambito domestico possano ottenere il permesso di soggiorno dopo aver ascoltato il parere dell’autorità giudiziaria. Gli autori delle percosse invece potranno essere espulsi.
Una manifestazione contro il femminicidio in Piazza Montecitorio a Roma, 25 settembre 2013 (LaPresse)