Come va la guerra in Siria
Fotografie da una guerra i cui fronti cambiano in continuazione: al nord sono forti i ribelli estremisti, a sud i ribelli moderati, sulla costa occidentale Assad
Domenica 6 ottobre in Siria sono iniziate le operazioni di smantellamento e distruzione dell’arsenale chimico siriano da parte degli ispettori internazionali incaricati dall’ONU. Come era stato ampiamente previsto da diversi esperti, la missione internazionale sta incontrando parecchie difficoltà a svolgere il suo incarico, principalmente per ragioni di sicurezza. Per ora gli ispettori hanno visitato tre siti di armi chimiche ma i rischi e l’efficacia dell’intera missione rimangono legati al fatto che nel frattempo si continua a combattere una violentissima guerra civile tra forze governative fedeli al presidente Bashar al Assad e ribelli: i fronti di guerra cambiano in continuazione e molte zone della Siria sono difficilmente raggiungibili a causa degli scontri per il controllo delle vie di comunicazione.
Oggi il nord della Siria è controllato per lo più dai ribelli estremisti, ma in alcune città i combattimenti vanno avanti ininterrotti da mesi. Ad Aleppo si combatte da 15 mesi consecutivi: alcuni quartieri sono controllati dal governo, altri dai ribelli, e non sembra che una fazione possa prevalere sull’altra nel breve periodo. Lunedì scorso, però, l’esercito siriano ha riconquistato una strada che collega la zona centrale della Siria, controllata per lo più dalle truppe governative, ad Aleppo, garantendosi la riapertura di una via di collegamento (e rifornimento) considerata fondamentale dal regime di Assad.
Nella provincia settentrionale di Azaz, al confine con la Turchia, si sono intensificati gli scontri tra lo “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”, gruppo di ribelli legato ad al Qaida, e i ribelli più moderati, tra cui quelli dell’Esercito Libero Siriano, organizzazione militare sostenuta dall’Occidente. Scontri simili si sono verificati di recente anche al confine con l’Iraq, con il coinvolgimento di un altro gruppo estremista di ribelli, al Nusra. Questo tipo di violenze all’interno dello schieramento dei combattenti anti-governativi è diventato sempre più frequente a partire dalla scorsa estate, a causa dell’apertura del cosiddetto “terzo fronte” di guerra, cioè la divisione dello schieramento dei ribelli tra moderati ed estremisti, e della nascita dell’Alleanza Islamica, coalizione formata dai più estremisti, presente soprattutto a nord e a Damasco.
Martedì 8 ottobre il New York Times ha raccontato la storia del primo funerale celebrato per un caduto in guerra nel piccolo villaggio di Daqaqa, sulla costa occidentale siriana vicino alla città portuale di Latakia. Qui i villaggi e le città sono controllati dalle forze governative: vengono considerati roccaforti degli alawiti, la setta a cui appartiene anche Assad, e solo recentemente gli abitanti della zona hanno iniziato a sentire in lontananza il rumore dei bombardamenti. In queste zone anche i critici di Assad rimangono fedeli al governo, scrive il New York Times, per una questione di sopravvivenza. Gli abitanti della zona ricordano quando i ribelli lo scorso agosto assaltarono e massacrarono interi villaggi di alawiti. Venerdì 11 ottobre Human Rights Watch, organizzazione non governativa che si occupa di diritti umani, ha pubblicato un rapporto relativo proprio agli scontri nella provincia di Latakia in quel periodo. HRW sostiene che i ribelli uccisero 190 civili e presero in ostaggio più di 200 persone: dice anche che le testimonianze e le prove raccolte “suggeriscono fortemente” che negli scontri siano stati compiuti crimini contro l’umanità.
Anche nella provincia meridionale di Daraa vanno avanti gli scontri tra ribelli e truppe governative, nonostante la stampa internazionale se ne occupi meno. Questi territori sono considerati il centro da cui sono nate le proteste contro Assad nel marzo 2011, dopo che dei giovani furono arrestati per avere fatto dei graffiti contro il regime di Damasco. A Daraa sembra che gli scontri all’interno dello schieramento dei ribelli siano meno intensi che al nord, e gli stessi gruppi estremisti sono meno forti rispetto alla provincia di Aleppo. Qui i ribelli possono sfruttare anche la vicinanza con la Giordania, paese alleato degli Stati Uniti da cui stanno passando le armi che gli americani hanno iniziato a mandare ai ribelli siriani più moderati.
Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, organizzazione non governativa pro-ribelli che ha base a Londra, dall’inizio della guerra sarebbero state uccise 110mila persone, di cui 29mila dell’esercito di Assad e 18mila tra le milizie pro-governative.