Si vota in Azerbaijan
È uno dei regimi più stabili del Caucaso e la rielezione dell'attuale presidente sembra scontata: c'entra soprattutto il petrolio
Oggi, mercoledì 9 ottobre, si vota per le elezioni presidenziali in Azerbaijan. Oltre 5 milioni di persone hanno diritto al voto, i seggi sono aperti dalle 8 ora locale di questa mattina (le 5 in Italia) e fino alle 19 (le 16 in Italia). A controllare che le procedure di voto siano conformi agli standard internazionali ci saranno circa 1.400 osservatori stranieri. Dopo la chiusura delle urne verranno diffusi gli exit-poll, mentre per i risultati ufficiali bisognerà attendere dieci giorni.
Secondo i sondaggi e il parere di molti esperti, il voto confermerà l’attuale presidente Illham Aliyev, 51 anni, salito al potere nell’ottobre del 2003 due mesi prima della morte di suo padre Heydar, presidente dal 1993. Se eletto nuovamente, per Illham Aliyev sarà il terzo mandato, reso possibile da un controverso emendamento costituzionale approvato nel 2009. Le elezioni presidenziali precedenti si svolsero nel 2008: in quell’occasione, in cui non mancarono le denunce di brogli, Aliyev ottenne l’88,7 per cento dei voti. Gli altri sei candidati raccolsero ciascuno meno del 3 per cento dei voti.
La situazione e la rielezione quasi scontata del presidente Aliyev sembrerebbe riproporsi anche ora. Ci sono infatti diversi elementi comuni con il 2008: la ricchezza e il potere gestito dall’attuale regime, la natura non competitiva del processo elettorale, la repressione e l’intimidazione sistematicamente utilizzata contro i critici del presidente.
Il petrolio
L’Azerbaijan è uno stato dell’ex Unione Sovietica che il 18 ottobre 1991 dichiarò ufficialmente la propria indipendenza. È considerato uno dei regimi più stabili della regione, dopo quello di Nazarbayev in Kazakistan e quello di Nyýazow e Berdymukhamedov in Turkmenistan, tutti legati alla gestione delle risorse petrolifere. L’economia dell’Azerbaijan si basa sull’estrazione del petrolio – i giacimenti sono stati scoperti nel 1870 a Baku, la più grande città e il più grande porto del paese – e il petrolio è anche il principale prodotto d’esportazione. Negli ultimi dieci anni, in Azerbaijan si è verificato un rapido sviluppo economico con tassi di crescita del PIL che hanno raggiunto anche il 30 per cento e con la conseguente espansione di settori alternativi al petrolio, dell’aumento delle opportunità sociali, economiche, e con una notevole riduzione del numero di persone che vivono in povertà.
Di questa situazione ha beneficiato molto anche la famiglia di Aliyev, che ha creato un sistema di potere clientelare per prevenire facilmente qualsiasi opposizione. Questo significa anche che il partito del presidente attualmente al governo, fondato nel 1992 dal padre di Illham Aliyev, si è presentato alle elezioni con una grande forza finanziaria e un forte potenziale. Uno dei principali problemi per l’opposizione al governo è, al contrario, la mancanza di risorse. Il regime controlla inoltre la maggior parte dei mezzi di informazione, la televisione e la radio. A partire dalla seconda metà del 2012 alcuni gruppi per la difesa dei diritti civili hanno denunciato un peggioramento della libertà di espressione nel paese: decine di attivisti politici e giornalisti sono stati arrestati e imprigionati.
La situazione pre-elettorale
Il periodo della campagna elettorale è stato ridotto da 28 a 23 giorni e i candidati dell’opposizione hanno avuto scarso accesso alle emittenti televisive nazionali. Rispetto le elezioni del 2008 sembrano esserci però almeno due elementi nuovi.
L’opposizione (formata dai leader dei principali partiti critici con il regime, da parte della società civile, da un movimento di giovani attivisti e dagli intellettuali del paese) si è riunita in una nuova coalizione e ha deciso di sostenere un unico candidato: inizialmente era stato scelto Rustam Ibragimbekov, sceneggiatore cinematografico premio Oscar, la cui candidatura era stata però respinta dalla Commissione elettorale centrale a causa della sua doppia cittadinanza russa e azera. La coalizione ha deciso allora di appoggiare come proprio candidato Jamil Hasanli, professore di storia ed ex parlamentare.
Il secondo elemento di novità rispetto al 2008 è il ruolo dei social media nella diffusione delle informazioni: questo ha consentito in parte all’opposizione di aggirare il controllo statale dei mezzi di informazione, ma ha anche fornito al governo e ai suoi sostenitori modi nuovi per reprimere critiche e dissenso.
L’attuale presidente ha scelto di non fare una vera e propria campagna elettorale perché, come dichiarato da un portavoce del suo partito, «non ne aveva bisogno». Non ha quindi partecipato ai pochi dibattiti presidenziali che ci sono stati e ha trascorso la maggior parte del tempo prima delle elezioni visitando le varie regioni del paese, inaugurando scuole e opere pubbliche e concentrando le proprie dichiarazioni sui risultati ottenuti dal governo nel fornire stabilità politica al paese e nel migliorare le condizioni economiche delle persone. Il suo principale oppositore, Jamil Hasanli, ha concentrato la propria campagna elettorale sulle accuse di corruzione al presidente e alla sua senza però presentare un programma politico per il futuro del paese.
Oltre a Illham Aliyev e al principale candidato dell’opposizione ci sono otto candidati per la presidenza, di cui cinque fanno attualmente parte del parlamento. La maggior parte dei quali è favorevole al regime e all’amministrazione di Aliyev. Tra loro si distingue invece Agazade Igbal del partito UMID, che nel 2008 ha ottenuto il 2,8 per cento dei voti e il cui slogan è “non abbiate paura del cambiamento”.