Un po’ di cose su al-Shabaab
Che cosa sappiamo del gruppo estremista islamico che ha attaccato il centro commerciale a Nairobi: chi sono, da dove arrivano e quanto sono pericolosi
A tre giorni dall’inizio dell’attacco terroristico al centro commerciale Nakumatt Westgate a Nairobi, in Kenya, è ormai certo che il gruppo responsabile dell’attentato sia al-Shabaab, una milizia somala di estremisti islamici che negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé soprattutto per i suoi legami con al Qaida. Gli stessi shabaab hanno rivendicato l’operazione, spiegando che è stata compiuta per punire il Kenya per aver mandato nel 2011 le proprie truppe in Somalia: il governo kenyano, che da anni collabora con Israele e Stati Uniti su questioni legate al terrorismo, aveva partecipato con i suoi soldati a una missione delle Nazioni Unite per cacciare al-Shabaab dalle più grandi città somale, tra cui la capitale Mogadiscio. Nonostante il parziale successo della missione ONU, al-Shabaab, come si è visto, non è stato eliminato del tutto: si è rifugiato nelle aree rurali e sta cambiando le sue tecniche di combattimento, in maniera forse ancora più minacciosa rispetto a prima.
Al-Shabaab, che in arabo significa “la gioventù”, è un gruppo formato da estremisti islamici che si è sviluppato dall’Unione delle Corti Islamiche, una rete di gruppi islamici che all’inizio del 2006 prese il controllo di Mogadiscio. Le Corti islamiche, che offrivano una serie di servizi simili a quelli di governi locali, furono appoggiate dalla popolazione somala che voleva mettere fine alle violenze che imperversavano in Somalia dal 1991, cioè dalla deposizione dell’ex presidente Mohammed Siad Barre. Tra il 2006 e il 2007 le truppe dell’Etiopia intervennero in Somalia a sostegno del debole governo di transizione somalo. L’obiettivo era eliminare le Corti islamiche e riprendere il controllo del territorio. I leader delle Corti islamiche fuggirono mentre gli shabaab rimasero, ne presero il posto e imposero le regole della sharia, la legge islamica. A Mogadiscio, come in altre città somale sotto il controllo degli shabaab, furono vietate molte attività, tra cui praticare sport e altre forme di intrattenimento.
Negli anni successivi il governo somalo chiese di nuovo l’aiuto di truppe straniere per cercare di riprendersi il controllo del territorio. Nel 2011 un contingente militare delle Nazioni Unite formato da truppe dell’Unione Africana, tra cui soldati keniani e ugandesi, cacciarono gli shabaab da Mogadiscio. Nel 2012 al-Shabaab perse anche il controllo del porto di Chismaio, nella Somalia meridionale, che era usato per ricevere grandi quantità di rifornimenti di vario tipo, tra cui le armi. Dopo la sconfitta di Chismaio, al-Shabaab si ritirò soprattuto nelle zone rurali del paese.
Sempre nel 2012, alcuni dicono per rimediare alla perdita di influenza subita nell’anno precedente, al-Shabaab annunciò tramite un video la sua alleanza formale con al Qaida – organizzazione ombrello che raggruppa molti gruppi diversi sotto il suo “marchio” – e la sua obbedienza al leader qaedista Ayman al-Zawahiri. In realtà, come hanno spiegato poi diversi analisti, probabilmente al Qaida era già presente in Somalia almeno da 10 anni: nel 2002 alcuni militanti di al Qaida nascosti in Somalia progettarono l’attacco a un resort di proprietà di israeliani a Mombasa, in Kenya, e secondo alcune fonti statunitensi alcuni qaedisti somali parteciparono all’attentato delle bombe alle ambasciate americane di Kenya e Tanzania nel 1998. Inoltre al-Shabaab fu responsabile di due attacchi suicidi nel 2010 a Kampala, capitale dell’Uganda, che uccisero 76 persone.
Il legame di al-Shabaab con al Qaida ha permesso all’organizzazione somala di ricevere “contributi jihadisti” per finanziare le sue attività. Le Nazioni Unite hanno stimato che le entrate di al-Shabaab relative al 2011 hanno raggiunto una cifra tra i 70 e i 100 milioni di dollari: prima della perdita del controllo di Mogadiscio e Chismaio, le altre fonti di entrate arrivavano da dazi e tasse imposte ai beni in transito in diversi porti e aeroporti del paese. Dopo il 2012, alcuni analisti hanno ipotizzato che oltre ai “contributi jihadisti” al-Shabaab abbia ricevuto dei finanziamenti anche dall’Eritrea, unico suo alleato in Africa e avversaria dell’Etiopia, altro paese che inviò le sue truppe in Somalia per frenare la diffusione di al-Shabaab (l’Eritrea comunque ha sempre negato qualsiasi collaborazione diretta con gli shabaab).
Oggi si stima che al-Shabaab sia formato da migliaia di militanti (BBC scrive tra i 7mila e i 9mila), tra cui alcune centinaia di combattenti stranieri: alcuni di questi provengono da altri paesi del Medio Oriente e hanno combattuto in Iraq o in Afghanistan, mentre altri sono stati reclutati nel tempo nelle comunità somale degli Stati Uniti e dell’Europa.
L’attacco al centro commerciale Westgate di Nairobi dice qualcosa anche delle divisioni interne che hanno colpito al-Shabaab da almeno un anno. Il motivo del disaccordo interno ha riguardato la strategia e gli obiettivi da seguire nella lotta: i più estremisti, legati all’ideologia “globale” di al Qaida e spesso provenienti dall’estero, vorrebbero una strategia del terrore internazionale, diversa dalla lotta locale portata avanti soprattutto dagli shabaab somali. Come ha dimostrato l’attacco al Westgate, sembra che ad avere prevalso sia stata la prima fazione, quella guidata dall’attuale capo di al-Shabaab, Ahmed Abdi Godane. Godane, che raramente si fa vedere in pubblico, è riuscito a vincere la battaglia interna per il controllo del gruppo, e ad avere la meglio su Hassan Dahir Aweys, favorevole a una lotta più “somala”, che si trova ora in custodia del governo.
Foto: militanti di al-Shabaab a Mogadiscio (AP Photo/Farah Abdi Warsameh)