Che cosa è successo nel PD
E che cosa non ha deciso, spiegato semplice (che non è mica facile)
L’assemblea nazionale del PD, cominciata venerdì 20 e terminata sabato 21 a Roma, ha stabilito che le primarie per eleggere il segretario nazionale si terranno l’8 dicembre e che le candidature dovranno essere presentate entro l’11 ottobre. Su altri importanti cambiamenti allo statuto, invece, ci sono stati scontri e divisioni. Alla fine, le proposte di modifiche allo statuto del partito – presentate nelle prime ore di sabato – sono state ritirate poche ore dopo: molti giornali di oggi titolano “Caos nel PD”, per riassumere la situazione confusa e gli attacchi di ieri.
Le modifiche
Le principali modifiche che avrebbero dovuto essere votate riguardavano il ruolo del segretario e del candidato alla presidenza del Consiglio del partito. All’articolo 3 dello Statuto del Partito Democratico, modificato l’ultima volta nell’ottobre 2012, viene specificato che il segretario del partito è automaticamente anche il candidato presidente del Consiglio. All’articolo 18 viene stabilito che in caso di primarie di coalizione, il segretario è l’unico candidato ufficiale del partito – una norma a cui si è derogato prima delle ultime elezioni per permettere a Matteo Renzi e ad altri di partecipare.
C’era poi un’altra questione più tecnica e molto complicata che riguarda la modifica dei tempi in cui avrebbero dovuto svolgersi le fasi preparatorie prima delle primarie. Per farla semplice, le modifiche avrebbero dovuto annullare una fase chiamata “convenzioni”, in modo da anticipare i congressi locali e rendere possibile tenere le primarie l’8 dicembre.
Tutte queste modifiche erano state preparate tra venerdì e sabato da una commissione sotto forma di “raccomandazioni“. Sono state presentate nella forma definitiva alle 2.20 del mattino di sabato, come ha raccontato sulla sua pagina Facebook Salvatore Vassallo – deputato bolognese del PD nella scorsa legislatura e presidente della prima commissione statuto.
Le modifiche avrebbero dovuto essere votate sabato 21, ma in seguito a diversi scontri e attriti, il voto è stato rimandato e alla fine Epifani ha detto che le modifiche erano state ritirate. L’unica cosa che l’assemblea nazionale è riuscita ad approvare è stata la data dell’8 dicembre per tenere le primarie, proposta da Epifani nel suo discorso di venerdì.
E adesso?
Il 27 settembre si riunirà la direzione nazionale del PD, un altro organo del partito, che dovrà “conciliare” le regole dello statuto con la data scelta per le primarie. Visto che le “convenzioni” non sono state eliminate, sarà difficile far svolgere tutte le fasi previste dal regolamento prima dell’8 dicembre. La direzione potrebbe confermare la data dell’8 oppure rimandare le primarie a gennaio.
Pierluigi Bersani, a questo proposito, ha fatto intendere che ritiene il compito quasi impossibile e ha dichiarato: «Dovremmo lavorare anche di notte». Secondo il quotidiano Europa i componenti del PD vicini a Bersani e al presidente del Consiglio Enrico Letta sono favorevoli a un rinvio delle primarie. Molti giornali oggi suggeriscono che la parte del PD più vicina al governo preferisca rimandare le primarie perché ritiene che un nuovo segretario del PD potrebbe rendere più traballante l’attuale governo.
A quanto pare i cosiddetti “bersaniani” e “lettiani” erano anche favorevoli all’ipotesi di separare le cariche di segretario da quella di candidato premier, mentre erano contrari i “renziani”, i “veltroniani” e Rosy Bindi. Questi ultimi sarebbero stati invece favorevoli alla modifica che sopprimeva le cosiddette “convenzioni” e che quindi avrebbe reso più facile organizzare le primarie per l’8 dicembre. Anche gli altri candidati segretari che sono emersi finora, cioè Gianni Cuperlo, Pippo Civati e Gianni Pittella, sono favorevoli a una conferma della data.