Israele non crede all’Iran
Netanyahu ha detto di non credere alle promesse iraniane sul nucleare, mentre gli Stati Uniti premono per tenere aperto il dialogo
Giovedì 19 settembre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha messo in guardia dalle aperture iraniane fatte pochi giorni fa dal presidente Rouhani, che in un’intervista con la rete televisiva statunitense NBC ha detto che il suo paese non svilupperà mai armi nucleari. «Non fatevi ingannare dalle fraudolente affermazioni del presidente iraniano», ha dichiarato Netanyahu in una nota diffusa dal suo ufficio.
L’intervista a Rouhani – in carica da poche settimane – è stata considerata da molti un’apertura importante e un cambiamento di rotta rispetto alle scelte fatte in passato dai leader iraniani. Rouhani ha affermato che la guida suprema del paese gli ha conferito tutti i poteri necessari a portare avanti le trattative sul nucleare con l’Occidente: una libertà che si ritiene non avessero i negoziatori del suo predecessore, Mahmoud Ahmadinejad.
Nei giorni precedenti all’intervista, l’amministrazione americana aveva compiuto diverse aperture storiche e importanti verso l’Iran. Obama e Rouhani si sono scambiati alcune lettere in queste settimane, come non era mai successo tra i presidenti dei due paesi in trent’anni – di solito la corrispondenza passava sempre attraverso la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Accanto alle aperture di credito verso l’Iran, scrive il New York Times, gli Stati Uniti stanno compiendo anche un’operazione di diplomazia meno visibile e diretta verso Israele.
Durante una serie di conversazioni private e in alcuni comunicati, le autorità americane hanno fatto capire che, nonostante tutte le aperture, rimangono scettici riguardo alle intenzioni iraniane sul programma nucleare e che giudicheranno il nuovo presidente dalle azioni e non soltanto dalle dichiarazioni concilianti. Il governo israeliano, infatti, si è sempre mostrato meno propenso a seguire la via dei negoziati per interrompere il programma nucleare iraniano, che percepisce come una minaccia diretta alla sua esistenza. Più volte i leader israeliani hanno affermato la necessità di una minaccia militare credibile per costringere l’Iran a fermare il programma nucleare.
Ma le rassicurazioni americane non sono bastate a evitare il durissimo comunicato diffuso giovedì 19 dall’ufficio del primo ministro israeliano. «La prova [delle intenzioni iraniane] non è in quello che dice Rouhani, ma nelle azioni del regime iraniano che continua a portare vigorosamente avanti il suo programma nucleare mentre il presidente si fa intervistare», è scritto nel comunicato, che poi specifica anche quali passi l’Iran dovrebbe intraprendere per essere ritenuto credibile da Israele: «fermare l’arricchimento dell’uranio, distruggere l’uranio che ha già arricchito, smantellare l’impianto nucleare di Qom e fermare il suo programma per ottenere plutonio».
L’amministrazione americana ha comunque fatto capire che intende mettere alla prova le intenzioni iraniane e continuare a percorrere la strada dei negoziati. Il confronto tra le due posizioni potrebbe risolversi – o peggiorare – nel corso della settimana prossima, quando tutti i protagonisti si ritroveranno a New York. Martedì 24 settembre Obama parlerà all’Assemblea delle Nazioni Unite, domenica 29 si incontrerà con Netanyahu che parlerà a sua volta il 30. Lo stesso giorno di Obama, per la prima volta da quando è stato eletto, parlerà all’assemblea anche lo stesso Rouhani.