La «ritorsione» dei Riva
Adriano Sofri racconta su Repubblica cosa vuol dire la chiusura delle fabbriche dei proprietari dell'ILVA
Venerdì 13 settembre, su Repubblica, Adriano Sofri ha raccontato le conseguenze del sequestro autorizzato dal giudice per le indagini preliminari di Taranto, Patrizia Todisco, sul patrimonio della famiglia Riva, i proprietari dell’ILVA di Taranto. Il sequestro ha portato alla decisione del gruppo di chiudere sette stabilimenti in tutta Italia: una «ritorsione», secondo Adriano Sofri, «che vuol mettere questi lavoratori contro quelli dell’Ilva tarantina, e gli uni e gli altri contro Procura e Gip di Taranto».
“Se fossi il papa” – chi non comincia così, oggi. Se fossi il papa, visiterei le discariche dell’Ilva. Ma andiamo per ordine. Nel 2008, in cambio di qualcosa, i Riva padroni dell’Ilva diventarono, versando 120 milioni, il secondo azionista dell’Alitalia rattoppata, dopo Air France. Settantuno di quei milioni sono stati ora sequestrati dalla Guardia di Finanza, insieme al patrimonio che i Riva avevano scorporato dall’Ilva, per metterlo al riparo: il totale di questo secondo sequestro (il primo superava di poco il miliardo) è di 916 milioni di euro. Sono porzioni pazientemente stanate dalle proprietà Riva per coprire la cifra di 8,1 miliardi, fissata dalla magistratura come l’equivalente di quanto i Riva avevano sottratto al risanamento ambientale.
“Riva Acciaio” ha annunciato ieri la chiusura di sette stabilimenti, Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco), e due di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti), per un complesso di 1500 lavoratori. Ritorsione che vuol mettere questi lavoratori contro quelli dell’Ilva tarantina, e gli uni e gli altri contro Procura e Gip di Taranto, Patrizia Todisco. Curiosamente, all’elenco di fabbriche serrate (su cui si è equivocato, scambiando Ilva Acciaio, restata della famiglia Riva, con l’Ilva commissariata di Taranto, Genova ecc.: del resto il garbuglio societario era fatto apposta per confondere le acque) si sono aggiunti i 114 lavoratori tarantini della centrale elettrica, la cui chiusura è impensabile se non progettando un’eruzione vulcanica del siderurgico: ai 114 è però stato annunziato che non ci sono soldi per pagarli. Perché i Riva credano che appartenga ancora a loro l’alimentazione elettrica della fabbrica commissariata è difficile capire: e se una distrazione ci fosse stata, sarebbe bene che il governo si sbrigasse a rimediare con un decreto aggiuntivo, e tanto meglio se vi comprendesse anche gli stabilimenti chiusi per ritorsione.
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