• Mondo
  • Giovedì 12 settembre 2013

È partita la produzione di petrolio a Kashagan, in Kazakistan

Dopo anni di lavori si comincia a tirar fuori greggio dal più grande giacimento fuori dal Medio Oriente (e c'è anche l'ENI)

This August 2012 photo provided by North Caspian Operating Company, NCOC, shows Kashagan offshore oilfield in western Kazakhstan. The supergiant field, which is believed around 13 billion tons of recoverable oil, is expected to begin producing its first crude in 2013 after many years of delays. (AP Photo/North Caspian Operating Company)
This August 2012 photo provided by North Caspian Operating Company, NCOC, shows Kashagan offshore oilfield in western Kazakhstan. The supergiant field, which is believed around 13 billion tons of recoverable oil, is expected to begin producing its first crude in 2013 after many years of delays. (AP Photo/North Caspian Operating Company)

Dopo tredici anni di intensi lavori, lunedì il giacimento petrolifero offshore di Kashagan, nel Mar Caspio, in Kazakistan, ha realizzato la sua prima produzione di greggio. Per ora si parla di quantità di petrolio molto ridotte ma il consorzio coinvolto nel progetto, che include tra gli altri la Total, la Exxon Mobil, la ConocoPhillips e l’ENI, si aspetta che queste aumentino costantemente nei prossimi anni. Kashagan, che secondo i piani di chi l’ha progettato avrebbe dovuto produrre petrolio già cinque anni fa, è uno dei progetti più ambiziosi e difficili da realizzare di tutto il mondo di questo tipo ed è il più grande giacimento petrolifero fuori dal Medio Oriente.

Il giacimento petrolifero di Kashagan è stato individuato nel 2000 da alcuni geologi ed è stato identificato da subito come la più grande riserva petrolifera scoperta dopo quella di Prudhoe Bay, in Alaska, nel 1968. Si stima che Kashagan abbia riserve commerciali di greggio tra i 9 e i 16 miliardi di barili di petrolio, una quantità enorme che ha spinto le più grandi compagnie petrolifere del mondo ad acquisire delle quote per il suo sfruttamento.

L’estrazione del petrolio si è rivelata però più difficile di quanto inizialmente previsto: il progetto ha subito diversi rallentamenti nel corso degli anni, a causa di problemi tecnici e disaccordi tra le aziende del consorzio che aveva ottenuto i diritti di sfruttamento, il “North Caspian Sea Production Sharing Agreement”. Il ritardo nei lavori, spiega il New York Times, ha ridimensionato in parte anche l’importanza del giacimento, visto che negli ultimi anni è cresciuto molto lo sfruttamento dello “shale gas”, il gas di scisto, che ha sostituito parzialmente in alcuni stati l’uso del petrolio come fonte energetica.

Claudio Descalzi, direttore generale della divisione Exploration & Production di ENI, ha spiegato al New York Times la difficoltà e l’importanza del progetto di Kashagan: «Questo è uno dei progetti più complicati del mondo. È davvero un momento storico. È petrolio di prima qualità, molto leggero, e si trova vicino ai paesi che stanno crescendo e che sono i mercati migliori». Il riferimento di Descalzi riguarda in particolare India e Cina, la cui domanda energetica negli ultimi anni è aumentata in maniera molto superiore rispetto a quella di altri paesi tradizionalmente importatori di petrolio.

La produzione iniziale di petrolio sarà molto bassa, di soli 26mila barili al giorno, per poi raggiungere i 180mila e poi i 370mila. La quantità di greggio estratto, secondo il consorzio incaricato, dovrebbe arrivare a circa 1,5 milioni di barili al giorno, che corrisponde all’1,6 per cento del totale mondiale, pari alla quantità che produce la Libia. Gli avanzamenti comunque saranno progressivi, e prudenti, a causa degli alti rischi che questo tipo di estrazione comporta: i principali problemi con Kashagan sono il fatto che il greggio è miscelato con alcune sostanze tossiche, l’enorme pressione con la quale fuoriesce il petrolio dal terreno – che potrebbe causare delle perdite fuori controllo – e i fondali estremamente bassi, che rendono difficoltose le operazioni di estrazione.