La lettera di Putin agli Stati Uniti
Il presidente russo ha scritto al New York Times che in Siria le armi chimiche le hanno usate i ribelli e che l'"eccezionalismo americano" non esiste
Il presidente russo Vladimir Putin ha scritto una lettera aperta agli statunitensi sulla crisi in Siria. Il documento è stato pubblicato giovedì 12 settembre sull’edizione cartacea del New York Times e raccoglie diverse riflessioni sulla guerra civile siriana, sui rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Russia e sull’intervento militare in Siria proposto dal presidente statunitense Barack Obama. È molto raro che Putin assuma questo tipo di iniziative e dimostra quanto la Russia voglia evitare a tutti i costi un attacco in Siria, contro il quale si è sempre opposta anche dopo le notizie sull’utilizzo delle armi chimiche.
Nella lettera Putin ricorda che le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono passate attraverso diverse fasi, dall’essere alleati per sconfiggere i nazisti al confrontarsi duramente durante gli anni della Guerra fredda. Spiega che i fondatori delle Nazioni Unite “capirono che le decisioni che riguardano la guerra dovrebbero essere prese solo attraverso un ampio consenso”, ricordando quindi l’importanza delle regole previste per il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che danno a ogni membro permanente (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Cina e Russia) il diritto di veto per fermare le risoluzioni, comprese quelle sull’uso della forza contro altri stati. Putin scrive che questo meccanismo potrebbe essere danneggiato se “nazioni influenti” andassero oltre il Consiglio per agire senza un suo consenso.
Un attacco degli Stati Uniti contro la Siria, dice Putin, “causerà maggiori vittime innocenti e una escalation, facendo potenzialmente espandere il conflitto oltre i confini siriani”. L’intervento militare farebbe aumentare le violenze e porterebbe a nuove ondate di terrorismo, rendendo più difficile la gestione del conflitto israelo-palestinese, il controllo sui piani nucleari dell’Iran, e il mantenimento di una certa stabilità nel Vicino Oriente. “Potrebbe sbilanciare l’intero sistema delle leggi internazionali”.
Secondo Putin in Siria non si sta combattendo una “battaglia per la democrazia”: c’è un conflitto armato tra il governo e forze di opposizioni in un paese con tante religioni diverse. Contro il regime di Assad combattono numerosi “militanti di al Qaida ed estremisti di ogni tipo”, scrive Putin ricordando che gli stessi Stati Uniti hanno definito terroristici diversi gruppi combattenti di opposizione. “Mercenari dai paesi arabi combattono in Siria e centinaia di militanti da paesi occidentali Russia compresa sono motivo di grandi preoccupazioni. Non potrebbero tornare nei nostri paesi dopo avere fatto esperienza in Siria? Dopotutto, successivamente alla guerra in Libia, gli estremisti si sono spostati nel Mali. Per noi è una minaccia.”
Putin ricorda che la Russia non sta proteggendo la Siria e che è solamente interessata ad avviare un dialogo pacifico con il suo regime. Per questo motivo sono necessarie le Nazioni Unite e il suo Consiglio di Sicurezza: “La legge è la legge, e dobbiamo seguirla che ci piaccia o no. Sotto le attuali leggi internazionali, la forza è concessa solo per legittima difesa o in seguito a una decisione del Consiglio di Sicurezza. Qualsiasi altra cosa è inammissibile per la Carta delle Nazioni Unite, e costituirebbe un atto di aggressione”.
“Nessuno nega che siano stati usati gas tossici in Siria” ammette Putin, spiegando però che “ci sono tutte le ragioni per credere che siano stati usati non dall’esercito siriano, ma dalle forze di opposizione al fine di provocare un intervento da parte delle potenti nazioni che le sostengono, che finirebbero per combattere al fianco dei fondamentalisti.”
Putin definisce “allarmante” il fatto che sia diventato comune per gli Stati Uniti intervenire nei conflitti interni di altri paesi. Scrive che “milioni di persone nel mondo” vedono sempre di più l’America come uno stato che sa solo usare la “forza bruta” e non come un modello di democrazia usando lo slogan “o siete con noi, o siete contro di noi”. E Putin elenca gli interventi militari in Iraq, Afghanistan e Libia definendoli fallimentari e chiedendosi perché in Siria le cose dovrebbero andare diversamente, nel caso di un attacco.
Nella parte finale della lettera aperta, Vladimir Putin cita la “volontà della Siria di mettere il suo arsenale chimico sotto controllo internazionale per la sua successiva distruzione” come un’opportunità per superare la crisi siriana, evitando un intervento militare. Su questa opzione si è discusso molto nei giorni scorsi: era stata citata come un’ipotesi (molto remota) dal Segretario di stato americano John Kerry e fatta propria dalla Russia, che ora la cita come una propria proposta da discutere principalmente in sede ONU. Nel suo discorso alla nazione di martedì 10 settembre, Obama ha citato la possibilità di ricorrere a questa opzione, anche se ci sono grandi scetticismi su come possa essere gestita e organizzata dalla Siria che in passato non ha collaborato molto sulla sorveglianza internazionale dei propri arsenali.
Putin conclude la sua lettera con una critica a Obama per una cosa detta durante il suo discorso di martedì:
Non sono d’accordo su ciò che ha detto su una peculiarità degli statunitensi, dicendo che la politica degli Stati Uniti è “ciò che rende l’America diversa, è ciò che ci rende eccezionali”. È molto pericoloso incoraggiare le persone a vedersi eccezionali, qualunque sia la motivazione. Ci sono grandi paesi e paesi più piccoli, ricchi e poveri, quelli con lunghe tradizioni democratiche e quelli che stanno ancora cercando la loro via verso la democrazia. Le loro politiche sono diverse, anche. Siamo tutti diversi, ma chiediamo tutti la benedizione del Signore, e non ci dobbiamo scordare che Dio ci ha creati tutti uguali.
foto: AP Photo/RIA Novosti, Alexei Nikolsky