Le armi chimiche della Siria
Martedì hanno ammesso di averle, dopo anni di smentite: chi gliele ha vendute e dove si trova l'arsenale di gas nervino considerato il più letale al mondo
di Elena Zacchetti – @elenazacchetti
Il presunto bombardamento con armi chimiche del 21 agosto scorso in Siria ha costretto la comunità internazionale a occuparsi con urgenza della guerra civile che va avanti da oltre due anni, e l’uso delle armi chimiche è diventato per diversi stati occidentali la cosa da provare per iniziare un intervento militare contro il presidente Bashar al Assad. Le diplomazie degli Stati Uniti e di altri paesi europei si stanno muovendo in questa direzione: la mossa più recente e più importante è stata fatta lunedì dal segretario di stato statunitense John Kerry, che ha detto – retoricamente, ma la cosa è stata presa sul serio – che nel caso in cui il governo di Damasco consegnasse tutto il suo arsenale chimico alla comunità internazionale si potrebbe evitare un intervento militare nel paese.
Del programma chimico della Siria, e del suo arsenale, si conosce molto poco. Il governo siriano ha ammesso per la prima volta di possedere armi chimiche martedì, dopo averlo negato per circa trent’anni (in realtà il 23 luglio 2012 il portavoce del ministro degli Esteri siriano, Jihad Makdissi, ammise implicitamente l’esistenza di armi chimiche, ma poi ritrattò). Diversi studi e rapporti di organizzazioni governative e non governative avevano però sostenuto in passato l’esistenza di un arsenale chimico controllato dal governo della Siria, sviluppato dall’inizio degli anni Settanta e ampliato a partire dagli anni Ottanta. In generale, ha spiegato il New York Times in un lungo articolo pubblicato sabato 7 settembre, il governo siriano ha cercato negli anni di aggirare le norme internazionali che vietavano la produzione di armi chimiche, ha rifiutato di prendere parte ad accordi che ne avrebbero limitato la produzione – è uno dei cinque paesi al mondo che non ha firmato il trattato che le ha messe al bando – e ha mantenuto stretti contatti con alcuni paesi fornitori, il più importante dei quali è stata l’Unione Sovietica (e la Russia poi).
Qualcosa sul programma chimico della Siria
La Siria ha iniziato a comprare armi chimiche a partire dagli anni Settanta, il primo venditore sembra sia stato l’Egitto. I primi equipaggiamenti acquistati erano principalmente difensivi, come le maschere antigas di produzione cinese. Nel 1979 gli accordi di Camp David e la rottura del fronte arabo anti-israeliano – in quell’anno l’Egitto firmò il trattato di pace con Israele, tuttora in vigore, che di fatto toglieva alla Siria un importante alleato nella battaglia regionale che gli arabi stavano portando avanti contro Israele – hanno spinto la Siria ad ampliare il suo programma di armi chimiche per dotarsi di armamenti offensivi, oltre che difensivi.
Il governo siriano ha sviluppato così il programma di armi chimiche come un “deterrente strategico” contro Israele: “deterrente strategico” vuol dire che Hafez al Assad, padre di Bashar e presidente della Siria dal 1971 al 2000, iniziò ad accumulare armi chimiche per ragioni di sicurezza, per dissuadere Israele dall’usare le sue armi – nucleari e convenzionali – contro la Siria. Non è chiaro in che anno precisamente la Siria divenne autonoma nella produzione di armi chimiche: diverse fonti, per lo più statunitensi e israeliane, sostengono a metà degli anni Ottanta circa, mentre dall’inizio degli anni Novanta sarebbe stata terminata la conversione di industrie agrochimiche in installazioni per la produzione del gas sarin – lo stesso che molti accusano Bashar al Assad di avere usato nell’attacco dello scorso 21 agosto a Damasco.
Nel 1997, intanto, la comunità internazionale aveva messo al bando le armi chimiche, con la “Convenzione per la Proibizione dello sviluppo, della produzione, dell’immagazzinamento e dell’uso delle Armi chimiche e per la loro distruzione“. La Siria, tuttavia, è rimasta uno dei paesi non firmatari dell’accordo, e non ha quindi l’obbligo internazionale di distruggere il suo arsenale chimico. Negli anni seguenti il governo siriano fu accusato di provare a produrre dei gas chimici ancora più letali del sarin e del gas mostarda, come il nervino VX.
A partire dagli anni Duemila, del programma chimico siriano si è saputo sempre meno. I rapporti più recenti da parte dell’intelligence statunitense ripetono più o meno la stessa cosa – per esempio nel 2002 e nel 2006 – e cioè che Assad starebbe cercando di sviluppare armi chimiche più letali e sofisticate. Non si hanno riscontri invece sull’uso effettivo di armi chimiche da parte del governo siriano, almeno prima dell’inizio della guerra civile: l’unico episodio sembra si sia verificato nel 1982, quando Amnesty International accusò la Siria di avere usato del cianuro contro alcuni membri dei Fratelli Musulmani siriani durante la sanguinosa repressione delle proteste di Hama.
Da chi compra le armi chimiche la Siria
Alcuni documenti federali statunitensi risalenti al 1991 citati dal New York Times dicono che, sotto la prima presidenza di George Bush, «sia la Cecoslovacchia che l’Unione Sovietica fornirono alla Siria agenti chimici, sistemi di trasmissione e addestramento». Gli stessi documenti dicono che in quegli anni la Siria possedeva probabilmente bombe contenenti circa 500 chilogrammi di sarin. Alcuni documenti riservati, scrive il Washington Post, dicono che in particolare fu il generale russo Anatoly Kuntsevich, incaricato di smantellare il vecchio programma di armi chimiche sovietico, ad aiutare il governo siriano a sviluppare il suo programma: Kuntsevich fu accusato di avere trasferito 800 chilogrammi di sostanze chimiche illegali alla Siria, tra cui quelle per produrre gas nervino. Kuntsevich non fu mai perseguito legalmente in Russia per le sue attività illegali, ma nel novembre 1995 gli Stati Uniti imposero su di lui alcune sanzioni unilaterali. Kuntsevich morì nel 2002 su un volo partito dalla Siria e diretto in Russia.
L’Unione Sovietica, e poi la Russia, sono state tra i maggiori fornitori della Siria di sostanze e tecnologie legate alle armi chimiche. Nel 2005 Jane’s Defence, divisione della società di consulenza britannica IHS Jane’s che si occupa di cose militari, cominciò a pubblicare rapporti che dicevano che il governo iraniano stava fornendo aiuto alla Siria nell’ambito del suo programma chimico.
Nel corso degli ultimi decenni Bashar al Assad, e prima di lui il padre Hafez, sono riusciti a superare le limitazioni e i divieti imposti dalla comunità internazionale sfruttando un semplice fatto: spesso i cosiddetti “precursori“, cioè gli ingredienti necessari per produrre alcune sostanze chimiche letali, sono materiali “buoni” e innocui, e si possono commerciare legalmente, come quelli catalogabili sotto la voce “medicinali”. In pratica si sfrutta la loro caratteristica “dual use”, cioè la possibilità di essere usate per un doppio scopo, civile e militare (lo stesso meccanismo viene usato nel traffico di materiale legato al nucleare).
Oggi la Siria può produrre da sola armi chimiche?
Secondo un rapporto del 2011 del direttore dell’intelligence statunitense, James Clapper, la Siria «rimane dipendente dai rifornimenti esterni per alcuni elementi chiave» del suo programma. Questa, spiega il New York Times, potrebbe essere una vulnerabilità da sfruttare per bloccare il programma chimico di Assad. La Siria oggi non compra più i missili usati per trasportare le sostanze chimiche solo da suoi paesi alleati, come la Russia e l’Iran, ma anche dalla Cina – che spesso fa questo tipo di trasferimenti illegali attraverso la Corea del Nord – e da altri paesi e società occidentali. Uno dei casi più noti e discussi fu probabilmente quello della società statunitense Maine Biological Laboratories, che nel 2001 fu condannata per avere permesso una serie di trasferimenti di sostanze biologiche non consentite verso la Siria.
Secondo diversi esperti citati da Reuters, oggi la Siria può contare sull’arsenale di armi chimiche con le riserve di gas nervino più letali al mondo. Negli ultimi dieci anni il programma chimico siriano è rimasto per lo più molto oscuro ad esperti e osservatori internazionali, ed è soprattutto per questo che non si può definire con certezza la sua portata attuale né dove si trovi l’arsenale delle armi chimiche siriane. Autorità statunitensi hanno confermato recentemente di credere che le armi chimiche siano sparse in diversi magazzini segreti in tutto il paese, e che siano controllate da soli tre uomini del governo siriano: il presidente Bashar al Assad, il fratello Maher e un altro generale dell’esercito. Nel corso degli ultimi anni, organizzazioni governative e non governative hanno cercato di mappare la localizzazione delle armi chimiche in Siria. Il tentativo più recente risale a lunedì 9 settembre: è dell’università privata israeliana “Centro Interdisciplinare Herzliya”, e si può trovare qui.
foto: Bashar al Assad (sinistra) e il padre, Hafez al Assad (AFP/Getty Images)