La proposta Kerry è una proposta seria?
Sembra di no, in giro si parla di "gaffe" e secondo il Dipartimento di Stato era una "frase retorica": intanto la Russia l'ha fatta sua e la Siria si dice favorevole
L’agenzia di stampa russa Interfax ha detto che la Siria ha accettato – con una dichiarazione del ministro degli Esteri siriano – la proposta di mettere il suo arsenale chimico sotto controllo della comunità internazionale. La proposta era stata fatta ieri da John Kerry, segretario di stato americano, e in breve tempo aveva ottenuto il sostegno della Russia, alleata del regime di Assad, e dell’ONU. Ma ci sono molte cose poco chiare e che per il momento non tornano, che suggeriscono prudenza.
La proposta di Kerry – che nel frattempo sui giornali è diventata anche “la proposta russa” – è stata fatta in modo molto informale e imprevisto, non nel modo ufficiale e controllato tipico di accordi di questo tipo. Rispondendo alla domanda di un giornalista sulle opzioni che Assad avrebbe ancora a disposizione per evitare un intervento armato, Kerry ha detto:
«Certo, potrebbe consegnare ogni singola parte delle sue armi chimiche entro la settimana prossima, tutte e senza rinvii, permettendo un esame completo del suo arsenale, ma non ha intenzione di farlo e non è possibile farlo»
Inserita nel suo contesto, la proposta di Kerry sembra più una frase retorica che una vera proposta di accordo. Questa versione è stata confermata da una portavoce del Dipartimento di Stato all’agenzia Reuters:
«Kerry ha posto un argomento retorico riguardo l’impossibilità e l’improbabilità che Assad consegni le armi chimiche che nega di avere usato»
Questa versione – quella per cui la proposta Kerry non era una proposta – ha dalla sua anche il fatto che, pur assumendo la tutt’altro che scontata buona volontà delle parti in causa, il processo di consegna ed esame delle armi chimiche richiede molto tempo, niente che si possa concludere in una settimana. Il negoziato tra l’ONU e il regime siriano per consentire agli ispettori di visitare alcune zone di guerra, con mille limitazioni che hanno messo in discussione la reale efficacia della missione, è durato mesi. Ed è complicato immaginare che la Siria e l’ONU siano in grado in questo momento di portare a termine – addirittura «entro la settimana prossima», come nelle parole di Kerry – un negoziato che porti alla consegna delle armi chimiche e che sia condotto in modo che tutti possano fidarsi degli altri interlocutori in campo (Assad non potrebbe consegnare solo una parte delle armi chimiche? gli Stati Uniti potrebbero impossessarsene e distruggerle invece che metterle sotto controllo? eccetera).
Quel che è certo è che la Russia ha fatto sua la proposta con grande rapidità, e già ieri il ministro degli Esteri siriano si era detto possibilista rispetto alla possibilità di accettarla. Entro quali termini non è chiaro, e in molti – a cominciare dal primo ministro britannico David Cameron, ma anche da Israele – sospettano che la Russia e la Siria vogliano usare la proposta per prendere tempo, intavolare un negoziato che non porterà da nessuna parte sospendendo però nel frattempo la questione dell’intervento armato. Poche ore dopo la frase di Kerry, la stampa statunitense ha pubblicato le impressioni di diverse fonti anonime all’interno dell’amministrazione secondo cui la proposta era stata un “major goof”, una grossa sciocchezza (il Guardian e altri parlano apertamente di “gaffe”).
Ci si aspettava quindi una presa di distanza o un qualche aggiustamento di linea da parte dell’amministrazione degli Stati Uniti, ma durante alcune interviste Barack Obama ha fatto una cauta apertura a questa possibilità, dicendo che la sua priorità è che «le armi chimiche non siano più usate» e che se questo si può ottenere con la diplomazia sarebbe certamente preferibile. Obama ha aggiunto che per questo ha dato mandato a Kerry di trattare con i russi ma ha spiegato che il piano di controllo delle armi chimiche siriane dovrebbe essere “efficace” e “verificabile” e di considerare improbabile che a questo punto del conflitto si possa verificare un accordo simile senza la minaccia di un intervento militare.
Nel frattempo la Cina si è unita alla proposta e la Francia ha annunciato la presentazione di una mozione al Consiglio di sicurezza dell’ONU che impegnerebbe la Siria non solo alla consegna ma anche alla distruzione delle armi chimiche. Altra questione delicata e dai tempi lunghi: distruggere e smaltire agenti chimici così pericolosi e letali richiede moltissimo tempo. Dopo aver firmato il trattato internazionale che ha messo al bando le armi chimiche, nel 1993, gli Stati Uniti hanno avviato la distruzione del loro arsenale: diciannove anni dopo, nel 2012, l’esercito ne aveva distrutto l’89,7 per cento. La proposta di risoluzione francese implica anche la possibilità di “conseguenze estremamente gravi” per la Siria nel caso non consegni il suo arsenale chimico.
foto: DAVID BEBBER/AFP/Getty Images