Sulla decadenza di Berlusconi
È aggiornato tutto alle 20 di oggi: il PdL intanto cerca di prendere tempo, e tira in ballo anche la Corte di giustizia della Unione Europea
La prima riunione della Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato per discutere del caso della decadenza del seggio parlamentare di Silvio Berlusconi si è svolta lunedì 9 settembre e si è conclusa aggiornandosi alle 20 di martedì 10 perché il relatore ha chiesto più tempo per completare la sua relazione. L’impressione è che comunque i lavori porteranno verso una decisione a favore della decadenza e che non si allungheranno molto. La giunta si deve occupare di Berlusconi secondo quanto stabilito dalla legge Severino, della fine del 2012, che prevede che una condanna passata in giudicato – come quella a Berlusconi in via definitiva a 4 anni per frode fiscale dello scorso primo agosto – sia motivo di incandidabilità e di incompatibilità con l’incarico di parlamentare. L’opinione della Giunta non è vincolante, e la decadenza di Berlusconi, per diventare effettiva, dovrà essere votata dal Senato.
La seduta della Giunta è durata sei ore: i lavori sono iniziati a quanto pare in un clima piuttosto teso tra gli 8 senatori del Popolo della Libertà, contrari alla decadenza di Berlusconi, e i 14 senatori favorevoli, appartenenti al Partito Democratico, al Movimento 5 Stelle, a Scelta Civica e a Sinistra Ecologia Libertà. Il relatore incaricato, Andrea Augello (PdL), ha iniziato la lettura della sua relazione, sulla quale la Giunta dovrà votare. Augello terminerà la sua presentazione martedì, mentre già lunedì ha presentato tre pregiudiziali, su cui la Giunta dovrà votare prima che sulla proposta della relazione: sono di tipo interpretativo e si riferiscono alla Corte Costituzionale e alla Corte di giustizia della Unione Europea di Lussemburgo (da non confondere con la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, a cui Berlusconi si è rivolto con un altro ricorso “Berlusconi c. Italia“), a cui i senatori del PdL chiedono che si faccia chiarezza sulla presunta incompatibilità della legge Severino con le norme europee.
La prima chiede alla Giunta di verificare in maniera preliminare l’ammissibilità di un ricorso alla Corte Costituzionale sulla norma anti-corruzione; la seconda chiede di sollevare direttamente l’eccezione di costituzionalità su 10 profili individuati dal relatore; la terza chiede un rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia della Ue, con una procedura accelerata.
Secondo il presidente della Giunta, Dario Stefano (SEL), si potrà arrivare a un voto martedì sera, anche se non c’è ancora nessuna certezza sui tempi di una decisione: oltre ai rinvii chiesti dai senatori del PdL, c’è anche la possibilità che la Giunta possa scegliere di non decidere e di formare un apposito Comitato inquirente, che svolga altre indagini e possa sentire l’interessato. Nel caso in cui, come sembra più probabile, venissero bocciate le pregiudiziali e la relazione presentate da Augello – come vorrebbero Pd, Scelta Civica e Movimento 5 Stelle – allora Augello dovrà essere sostituito, con un altro senatore la cui relazione terrebbe conto della bocciatura precedente, rendendo quindi più spedito un voto a favore della decadenza. Il senatore del PD, Felice Casson, si è detto comunque dubbioso sui tempi della votazione: «Credo che anche martedì non si riuscirà a votare».
A complicare ancora di più la questione ci sono i disaccordi tra i senatori della Giunta, e più in generale tra PD e PdL, sul ricorso depositato da Silvio Berlusconi alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la sentenza di condanna a quattro anni per frode fiscale. Il ricorso, tra le altre cose, fa riferimento all’articolo 7 del CEDU, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, spiegando che il decreto legislativo 235/2012, meglio conosciuto come legge Severino, non può essere applicato in modo retroattivo. Secondo alcuni senatori del Pd, il ricorso di Berlusconi non sarebbe “ricevibile”, perché non c’è ancora alcun atto e decisione della Giunta contro cui, per l’appunto, fare ricorso.
Lunedì Augello ha detto che all’interno della sua relazione dovrà tenere conto del ricorso alla Corte di Strasburgo, sulla cui ammissibilità la Corte non si esprimerà prima di tre o quattro mesi. Alcuni senatori del Pd hanno comunque rifiutato l’ipotesi di aspettare fino alla decisione della Corte, che potrebbe comunque rifiutare il ricorso, come succede per circa il 90 per cento dei casi: la questione centrale è insomma il tempo che il PdL riuscirà a ottenere prima di una decisione che sembra scontata e quello che gli altri saranno disposti a concedere alle sue richieste.