Putin contro gli USA sulla Siria
Le prove che il regime abbia usato le armi chimiche non ci sono, ha detto
Oggi, per la prima volta dal presunto attacco con armi chimiche del 21 agosto in Siria, il presidente russo Vladimir Putin ha parlato della situazione nel paese e della possibilità di un intervento internazionale. Putin si è rivolto agli Stati Uniti e li ha invitati a presentare alle Nazioni Unite le prove dell’attacco chimico, oltre a mettere in discussione le accuse al governo siriano.
La situazione diplomatica intorno alla Siria, in cui la guerra civile prosegue da oltre due anni, è arrivata a una svolta negli ultimi giorni: ieri il Segretario di Stato USA John Kerry ha elencato in una conferenza stampa le certezze a cui è giunta l’amministrazione Obama circa l’uso delle armi chimiche da parte del regime siriano, non solo il 21 agosto ma anche in occasioni precedenti. Barack Obama ha detto poco dopo di non essere ancora arrivato a una decisione su una “limitata” azione militare.
Putin ha definito “una totale assurdità” e “contro ogni logica” la ricostruzione secondo cui il governo siriano ha usato armi chimiche per colpire i suoi stessi abitanti perché, ha motivato il presidente russo, le forze governative sono in una fase di offensiva militare e “hanno circondato l’opposizione in diverse regioni”. Non avrebbe senso, ha detto Putin, fornire una scusa a coloro che sono favorevoli a un intervento straniero nel paese. Putin ha anche aggiunto che Obama dovrebbe considerare le conseguenze per la popolazione civile e ha ricordato i precedenti di Iraq e Afghanistan.
La posizione diplomatica della Russia è che un’azione militare deve necessariamente passare dal Consiglio di sicurezza dell’ONU: dove la Russia ha potere di veto e ha già bloccato in passato, insieme alla Cina, due precedenti risoluzioni sulla Siria. Per quanto riguarda l’attacco chimico, il portavoce del ministero degli esteri Aleksandr Lukashevich ha detto che gli Stati Uniti – nonostante il lungo discorso di Kerry di ieri – hanno minacciato un intervento “in assenza di qualsiasi prova”.
Il tempo dell’intervento
Oggi gli ispettori delle Nazioni Unite incaricati di investigare sull’uso delle armi chimiche hanno lasciato la Siria: la loro presenza era un ostacolo, sia concreto che politico, all’inizio di un’azione militare guidata dagli Stati Uniti. Il discorso di Kerry, secondo i commentatori, è un chiaro segnale che un intervento è imminente.
Ma secondo altri, come Mark Mardell in un’analisi per BBC, il tempo non sembra giocare in favore di un intervento immediato: in questo weekend molti americani sono in vacanza per il Labor Day di lunedì, una festa molto sentita nel paese, e la prossima settimana Obama ha alcuni impegni diplomatici importanti: martedì 3 settembre andrà in Svezia e subito dopo al G20 in Russia. Vista la posizione di Putin, è molto difficile che gli Stati Uniti passino all’attacco proprio mentre Obama è nel paese.
C’è anche un problema irrisolto di sostegno internazionale, come spiega Slate: il parlamento britannico ha bocciato la linea di Cameron e con lei la possibilità di un appoggio militare. L’unico altro paese che sembra deciso sulla via dell’intervento è la Francia, che non ha bisogno di un voto parlamentare per intervenire. Gli altri paesi europei mantengono un atteggiamento apertamente contrario o, come nel caso della Lega Araba, di assenso silenzioso, mentre persino la Turchia, che confina con la Siria e potrebbe avanzare motivazioni di difesa nazionale, non parla con decisione a favore dell’intervento.