L’accordo tra il Guardian e il New York Times
Per evitare le pressioni del governo britannico e pubblicare i documenti forniti da Snowden sull'attività dell'intelligence, relativi al caso PRISM
Il Guardian ha annunciato un accordo con il New York Times che consentirà al quotidiano statunitense di consultare e pubblicare le informazioni contenute nei documenti forniti da Edward Snowden sulle operazioni di sorveglianza del Government Communications Head Quarter (Quartier Generale Governativo per le Comunicazioni) – l’agenzia governativa britannica sulla sicurezza e lo spionaggio nelle comunicazioni – relativi al caso PRISM.
La decisione è stata presa a causa delle pressioni del governo britannico contro la diffusione di documenti che riguardano l’attività dell’intelligence. Il 19 agosto Alan Rusbridger, il direttore del Guardian, aveva raccontato in un lungo articolo che alcuni funzionari del governo avevano chiesto al giornale di consegnare parte dei documenti forniti da Edward Snowden su cui il Guardian stava lavorando.
Rusbridger aveva detto di aver ricevuto una telefonata da un ufficio del governo britannico, nella quale il suo interlocutore gli aveva detto: «Vi siete divertiti. Avete avuto il vostro dibattito. Ora vogliamo tutto il materiale indietro». Successivamente, Rusbridger aveva chiesto al suo interlocutore se il governo stesse valutando la possibilità di percorrere strade legali per fermare le inchieste del giornale, costringendolo a consegnare tutti i documenti. Il funzionario disse che era una possibilità che si stava valutando.
Anche nel 2010, con i documenti diplomatici e militari dell’esercito statunitense diffusi da WikiLeaks, il Guardian aveva dovuto affrontare pressioni simili: in quell’occasione, il giornale decise di sfruttare contesti giuridici più permissivi, avendo sedi in diverse parti del mondo, in particolare negli Stati Uniti. La decisione di passare i documenti sulla GCHQ al New York Times deriva proprio dal contesto giuridico statunitense, dove la libertà di stampa è sancita nel Primo emendamento della Costituzione, cosa che rende molto più complicato – rispetto al Regno Unito – che un governo limiti o impedisca la pubblicazione di materiale di pubblico interesse.
Foto: Bethany Clarke/Getty Images